Andra Day offre un’interpretazione sorprendente nel ruolo di protagonista nel film “Gli Stati Uniti contro Billie Holiday”, di Lee Daniels.
Fin dalle prime scene, il film si presenta con toni esasperanti. Quando un giornalista fatato e dalla testa piumata le chiede com’è “essere una donna di colore” durante un’intervista del 1957, Billie Holiday risponde a metà tra il ringhio e le fusa: “Faresti questa domanda a Doris Day ?” Pochi istanti dopo, in un flashback di un’esibizione di 10 anni prima al nightclub Cafe Society, Day offre un’interpretazione di “All of Me” con il glamour fisico e la musicalità eccentrica ma impeccabilmente modulata che ha reso Holiday una star.
Questi sono i momenti che rendono “Gli Stati Uniti contro Billie Holiday”, degno di essere visto anche se la narrativa instabile ed episodica che circonda la storia a volte si rivela confusa ed irritante. La cronaca delle molestie subite da Holiday per mano del capo del Federal Bureau of Narcotics, Harry Anslinger (Garrett Hedlund), aggiungono al film quel tocco intrigante che ha reso memorabili il film come ” One Night in Miami “, ” MLK/FBI ” e ” Giuda e il Messia nero “. Nel caso di Holiday, quella che apparentemente era un’indagine mirata al suo consumo di eroina era in realtà solo un espediente per costringerla a non cantare “Strange Fruit”, la ballata inquietante sul linciaggio dei neri nel sud americano che è diventato un inno per i diritti civili.
È una storia affascinante e vale la pena rivisitarla. Ma nelle mani del regista Lee Daniels, che lavora su una sceneggiatura della drammaturga Suzan Lori Parks, quello che dovrebbe essere un dramma sensibile e densamente stratificato diventa invece una raccolta superficiale di scene che si rivelano sopraffatte e sottovalutate allo stesso tempo. Uno spettacolo di personaggi della vita reale si snoda attraverso la narrazione: Tallulah Bankhead, amica di Holiday e amante occasionale, interpretata con ammirevole moderazione da Natasha Lyonne, si affaccia nella trama in episodi sporadici e fini a se stessi. Il regista preferisce solleticare la morbositá del pubblico con il racconto della fila di uomini che la picchiavano e la tradivano il cantante. Jimmy Fletcher (Trevante Rhodes), l’agente federale della narcotici che si è infiltrato nell’ambiente di Holiday, si avvicina così tanto che lui e Holiday si innamorano.
Siamo immersi negli eccessi della vita di Holiday nella sua forma più melodrammaticamente cupa , sia sotto forma di un primo piano dell’ago che le entra nel braccio oche del suo corpo che viene brutalizzato per mano di uno dei suoi aguzzini maschi.
Gli spettatori rimangono con la nauseante sensazione di essere dei guardoni dello sfruttamento del dolore di Holiday. Nei cinema dal 5 maggio.