Biancofango presenta al Teatro India dal 26 al 30 aprile ABOUT LOLITA, diretto da Francesca Macrì e prodotto dal Metastasio di Prato e da Fattore K: un dialogo con l’arte che condensa dolore e piacere, evoca un mito, un modo di dire, una violazione dell’infanzia e al contempo il disegno di un’infanzia che ancora facciamo fatica ad accettare nella sua sconvolgente sessualità.
Macrì e Andrea Trapani riscrivono il mito di Lolita in una drammaturgia originale, ricercando quel che è rimasto nell’immaginario collettivo del personaggio nato dalla penna di Vladimir Nabokov e reso immortale da Stanley Kubrick. In un campo da tennis, fisico e metaforico, va in scena un palleggio tra sensi di colpa, fallimenti, l’ossessione di giovinezza dell’uomo adulto.
ABOUT LOLITA è stato presentato in prima assoluta alla Biennale di Venezia 2020 e rappresenta il primo passo di un dittico dedicato al tema di Lolita. Il secondo passo, NEVER YOUNG, debutterà la prossima stagione e sarà un affondo nella società contemporanea attraverso la domanda: dove possiamo trovare Lolit* oggi?
Scrive la regista nelle note di regia: “Lolita è troppe cose per sintetizzarla in una frase sola. È l’annebbiamento della testa, il sogno di paradisi possibili e inferni prossimi, un inno alla straordinaria potenza del pensiero, il nascondiglio dell’anima dentro cui scomparire e sprofondare, il delirio estetico-erotico di una fragilità, un viaggio lungo i lastricati sentieri della pornografia in cui il viaggiatore non cessa mai di sollevare lo sguardo verso i luccicanti paesaggi che costeggiano il peccato. Lolita è lo straordinario romanzo di Nabokov, è l’immagine della ragazzina in costume da bagno che guarda senza pudore la macchina da presa e lo spettatore dell’ancora più noto, forse, film di Kubrick. Lolita è una parola sul vocabolario, è una ragazzina che ciascuno di noi ha conosciuto, almeno una volta, nella vita, è un mito, un modo di dire, una proibizione, un implicito non esplicabile, un fatto scabroso, un trafiletto nella cronaca nera, un peccato, è il ricordo delle bambine che siamo state, è la violazione dell’infanzia e al contempo il disegno di un’infanzia e di una preadolescenza che ancora facciamo fatica ad accettare nella loro sconvolgente sessualità. Lolita è un verbo: è giocare con il fuoco, è inciampare, fraintendere, desiderare fino a rimanere senza fiato. Lolita è più di ogni cosa, nel quotidiano, un giudizio, ma per noi è innanzitutto un dialogo con l’arte che per sua natura, per essere tale, non può che accogliere in grembo, insieme, dolore e piacere, beatitudine e tortura. Lolita è roba da censura. Ma si può censurare il piacere? O il pensiero del piacere? E che differenza esiste tra il piacere pensato e il piacere agito?