In prima nazionale per il Teatro di Roma arriva al Teatro Argentina dall’11 al 14 aprile Catarina e a beleza de matar fascistas, una importante coproduzione internazionale firmata da Tiago Rodrigues, direttore del Teatro Nacional Dona Maria II di Lisbona, e dall’autunno 2022 del Festival d’Avignon.
Con questo spettacolo Rodrigues dà vita a una drammaturgia elettrizzante, esemplare del suo teatro a vocazione politica, spazio di confronto dialettico aperto al coinvolgimento attivo dello spettatore: Catarina racconta il rito di una famiglia che da oltre settant’anni si tramanda la missione di uccidere un fascista.
Otto interpreti, una macchina scenica ingegnosa, una sceneggiatura ironica, surreale e avvincente impreziosita da canti corali e affascinanti momenti di danza tradizionale: la scena si apre su una casa di campagna nel sud del Portogallo nel giorno in cui tutta la famiglia è riunita. In questa famiglia si chiamano tutti Catarina, da tre generazioni, in memoria della capostipite Catarina Eufémia, una bracciante assassinata nel 1954 durante la dittatura fascista in Portogallo.
È un giorno di celebrazioni, di bellezza e di morte: Catarina, la figlia più giovane, sta per uccidere il suo primo fascista, rapito per questo scopo. Ma si scopre incapace di eseguire il suo compito o forse si rifiuta. Scoppia un litigio familiare, emergono molte domande: chi è un fascista? C’è posto per la violenza nella lotta per la conquista di un mondo migliore? Possiamo rompere le regole della democrazia mentre cerchiamo di difenderla? Nel frattempo appare il fantasma dell’antenata Catarina Eufémia, arriva di notte, mentre la famiglia dorme, per parlare con il fascista che aspetta di sapere quale sarà il suo destino oggi, un giorno del prossimo futuro nel 2028.
Catarina nasce durante l’esplosione della pandemia e innesca una riflessione sull’ascesa dei nuovi populismi in Europa, il senso di impotenza di fronte al crescere dell’autoritarismo come soluzione alle crisi. Conseguentemente la scena è ambientata nel prossimo futuro, per aprire una opportunità al teatro di reagire immaginando nuove prospettive.
Soprattutto questo racconto iniziatico portato in scena con umorismo e originalità, apre una spirale di domande. In che modo i demagoghi populisti già abituati a sfruttare la paura e la miseria, eserciteranno il loro opportunismo politico di fronte alle catastrofi del nostro tempo? In che misura potrà aumentare il sentimento di impotenza delle democrazie al cospetto del dispiegarsi della retorica xenofoba e autoritaria? Che genere di violenza sistemica porterà a violenti scoppi di indignazione? In che modo le società che oggi scelgono la solidarietà e il consenso per affrontare le crisi potrebbero spaccarsi in futuro? In che misura la diversità di convinzioni che nutre la democrazia sarà minacciata dall’unanimità e dal totalitarismo? Quanto tempo passerà prima che i popoli che oggi vivono democraticamente accettino dittature eccezionali per risolvere problemi eccezionali?