Metti due protagoniste il cui talento non si discute, il mare, l’amore tra due donne e i soliti maschi che vorrebbero rovinare tutto. Il capolavoro è naturalmente annunciato e firmato da Francis Lee, regista uomo, perfetto in – quasi – tutto.
Ammonite sono le Ammoniti, i fossili, che la geologa Mary Anning (Kate Winslet) raccoglie ogni mattina sulle spiagge della costa del Dorset, sfidando il freddo, il fango, le mani rovinate e pericolose scivolate sulle pareti rocciose pur di arrivare ai suoi amati reperti. Charlotte è invece la moglie di Roderick Murchison, geologo appassionato ma marito autoritario e in parte menefreghista, la leggera malinconia della moglie per lui è un intralcio al lavoro e quindi la abbandonerà a Lyme Regis, dove, in cambio di denaro, sarà curata da Mary.
Bingo. La dura e severa Mary, abituata da sempre a vivere da sola, prendendosi cura della madre malata, a negare i suoi sentimenti e a fare tutto come se gli uomini non le servissero, sarà poeticamente e inesorabilmente piegata dalla fragilità e dalla gioia ritrovata di Charlotte che al suo fianco sembra risbocciare come una rosa.
La tenerezza tra le due donne è naturalmente un sentimento che si sviluppa molto lentamente, attraverso quella metaforica scoperta che entrambe fanno sulla spiaggia. Cercare i fossili, aprire pietre, pulirle, curarle e accoglierle come fossero figli, è lo stesso che indagare in fondo al proprio cuore, scoprire sentimenti e andarli a nutrire, senza negarseli ulteriormente. Questa forzata intimità tra le due inevitabilmente cura la fragile Charlotte che, recuperata tutta la sua vitalità e arguzia, sarà addirittura la prima a fare quell’approccio a lungo atteso da Mary, che – come scrive sul suo diario – cercava semplicemente qualcuno che la amasse.
La Anning trova tra le braccia di Charlotte la figura chiave per riprendere con entusiasmo il suo lavoro, per gestire il suo negozio per turisti in modo più dinamico, per riuscire addirittura ad uscire di casa, lei fino a quel momento reclusa e sola tra le braccia del mare. Addirittura vediamo la austera signora trovare un sorriso, cosa non può l’amore?
La società vittoriana maschile resta tuttavia impietosa ed è quella che Lee ci racconta lungo tutto il film, la Anning è considerata poco più che una dilettante e i suoi pezzi, nonostante vengano esposti al British Museum di Londra, non le vengono mai riconosciuti. Il dominio maschile si ripercuote naturalmente anche sulla donna, così che ad un certo punto quel marito che tanto si era dato da fare per abbandonare la moglie, ora rivuole indietro la sua proprietà. Come negarlo? Ci vorrebbe una Anning anche dall’altro lato, invece Charlotte china la testa e torna a Londra, nella sua gabbia dorata nella quale però non ha mai smesso di pensare alla sua Mary.
Il film richiama certamente Portrait of a Lady On Fire – Ritratto della Giovane in Fiamme, ma se ne discosta nettamente almeno per quanto riguarda alcune scene esplicite di intimità tra le signore. Se nell’opera della Sciamma il racconto era volutamente e magnificamente sottointeso, qui Lee, purtroppo, decide di raccontarci, male, l’evidenza, senza nessun bisogno di farlo. Scene un po’ rudi, quasi senza la minima dolcezza, oserei un quasi da sito porno patinato. Per quanto il regista possa essersi fatto raccontare o abbia immaginato cosa succeda tra le lenzuola in una coppia al femminile, mi rimane l’idea che abbia sprecato l’occasione. Era stato decisamente più bravo a girare i baci. Ed è onestamente l’unica pecca che possiamo rilevare di un film, esteticamente e non solo, perfetto in tutto il resto. Sobrio e sottile come Lezioni di Piano, con quei giusti silenzi spezzati dal rumore dei piedi delle protagoniste sui ciottoli della spiaggia, dalle onde e dallo scavare nella terra tutto ciò che di noi ancora non sappiamo.