L’acqua, l’insegna la sete“, è una struggente poesia di Emily Dickinson che in pochi versi rivela come nella vita tutto è legato a qualcos’altro. Tutte le cose sono in relazione reciproca. E per conoscere davvero l’acqua bisogna aver sete, altrimenti la diamo per scontata, beviamo senza saperlo. E solo soffrendo riusciamo a riconoscere il valore delle piccole cose.
Nel film documentario L’acqua insegna la sete. Storia di Classe, in concorso al Festival Visions du Rèel e poi da maggio in uscita su piattaforma digitalem il regista Valerio Jalongo vuole affrontare il fallimento del sistema scolastico che fa promesse che non può mantenere.«Facendo questo film – racconta il regista – ho capito cose che non mi erano affatto chiare come professore: ho capito che a volte anche i professori migliori promettevamo ai nostri studenti che se si fossero impegnati, se si fossero dimostrati meritevoli avrebbero avuto un lavoro sicuro, certezze, riconoscimenti… non immaginavamo che il mondo stava preparando per quei ragazzi un futuro precario, pieno di passi indietro anche nei diritti che consideravamo acquisiti per sempre»
Protagonista del documentario è il professor Lopez che sull’onda della poesia di Emily Dickinson, ha conservato tutto di quella classe (la 1ª E dell’istituto Roberto Rossellini di Roma): compiti, temi, e il video diario girato insieme ai ragazzi quindici anni prima. Tanto lavoro e buona volontà, eppure molti ragazzi di quella classe avevano abbandonato prima del tempo, non avevano mai preso un diploma. Un’amara sconfitta per la scuola e per chi ci si era dedicato con passione.
Dopo tanti anni il prof. Lopez sente il bisogno di sapere cosa è rimasto di quegli anni passati insieme, e parte così alla ricerca dei suoi alunni, che oggi sono ormai dei “vecchi” trentenni. Porta loro in dono i temi che ha conservato. Rileggendoli insieme, riaffiorano confessioni, storie, momenti di scuola… nel corso degli anni non tutto è andato per il verso giusto: ci sono stati momenti drammatici, sconfitte, delusioni. Il prof scopre che nessuno dei ragazzi fa il mestiere per il quale la scuola lo aveva preparato. Ma scopre che ognuno di loro è cresciuto in una direzione diversa e imprevedibile, trovando in se stesso le risorse per reinventarsi: Yari, Jessica, Lorenzo, Gianluca, Corinna, Alessio…
«Le immagini di questa straordinaria vicenda – racconta il professor Lopez -, insieme ai loro compiti e scritti conservati gelosamente, non potevano rimanere nel cassetto dei ricordi. Perché la scuola non è vera scuola se non ha porte e finestre aperte alla vita. Così anche quindici anni dopo, quegli anni e quelle immagini sono tornati presenti all’appello, si sono riannodati alla vita. Così, con fatica, sofferenza e passione, grazie a molti di quei ragazzi della 1ª E ritrovati giovani uomini e donne, alle prese con le sfide del presente e alla tenacia e alla creatività di Valerio, si è prodotta l’ultima straordinaria metamorfosi narrativa e poetica di quel vecchio progetto didattico, di quella loro e nostra “storia di classe”».