Clint Eastwood sa come raccontare una storia. Detto questo, il film biografico sulla vita reale di Richard Jewell, è un esempio da manuale su come realizzare un film.
Dopo American Sniper e Sully, con Richard Jewell, nei cinema dal 16 gennaio con Warner Bros, il regista e attore americano ritorna su temi che ha sempre voluto approfondire, la giustizia, le dinamiche di potere delle forze dell’ordine, e la manipolazione dei media capaci di trasformare in poco tempo un eroe in un cattivo.
L’eccentrico Jewell (Paul Walter Hauser), un ex poliziotto, lavora come guardia di sicurezza. Durante i festeggiamenti delle Olimpiadi di Atlanta nel 1996, al Centennial Olympic Park, scopre uno zaino sospetto. In poco tempo aiuta ad evacuare la zona, salvando la vita a molte persone. Incensato da tutti i media e dipinto come un eroe, solo dopo tre gioni, finisce sul patibolo quando l’FBI decide che si adatta al profilo dell’attentatore solitario.
Il film riesce a sollecitare l’empatia per l’innocente Jewell, un uomo la cui esistenza viene rovinata dai media e dalle forze dell’ordine che prima idolatrava. Il risultato è una diatriba anti-media e anti-FBI che può essere risolta solo con una grande prova di democrazia. Il film mostra infatti come la legge possa proteggere i cittadini dagli abusi della polizia. Perchè sebbene l’FBI faccia del suo meglio per ingannare Jewell e trovare prove schiaccianti contro di lui, il suo avvocato Watson Bryant (Sam Rockwell) conosce i diritti del suo cliente e li usa per proteggerlo.
Il film asseconda la sfiducia della destra americana nei confronti delle istituzioni governative come l’FBI e il suo odio per la stampa libera. Dopotutto, viviamo in un’era in cui tutti gli uomini del presidente denigrano i “media mainstream” diffondendo “false notizie”.
Se film come Spotlight e The Post hanno mostrato l’importanza del giornalismo investigativo nello scoprire la corruzione, Richard Jewell mostra l’altro lato della medaglia: come un’accusa non provata una volta stampata su un giornale, possa rovinare la vita di una persona.Vediamo infatti che la gogna mediatica di Jewell inzia con la violazione della riservatezza innescata dalla vera giornalista Kathy Scruggs, interpretato da Olivia Wilde
Il film si è concesso qualche licenza narrativa, ci riferiamo al ritratto poco lusinghiero della giornalista dell’Atlanta Journal-Constitution, rappresentata come una arrivista pronta a scambiare favori sessuali in cambio di informazioni. Un episiodo a quanto pare totalmente inventato. Questo scivolone getta qualche ombra su un film che tuttavia rende perfettamente il messaggio di fondo incisivo e potente: la lotta di un perdente, di un diverso, di un emarginato contro i poteri forti (se si ha la disponibilità economica per permettersi un bravo avvocato).