Non è una favola per bambini e forse nemmeno un film per adulti, la vera forza del Pinocchio di Garrone è proprio quella di non strizzare l’occhio a nessuno dei due per produrre un capolavoro incantato che prima di tutto è una favola dark ispirata al fantasy contemporaneo ma che, incredibilmente, pesca le sue radici tra l’immaginario pittorico dei macchiaioli, dei preraffaelliti e finanche di Rubens e Botero. Garrone in conferenza stampa ribadisce di non aver fatto un film cupo ma di essere rimasto fedele al testo, dando una svolta positiva per illuminare grandi e piccini.
“Siamo rimasti assolutamente vicini allo scritto di Collodi – afferma anche Beningni – dando volutamente l’immagine di povertà e fame che dal libro traspare in continuazione in questa storia universale di un padre e un figlio che si cercano disperatamente. Sembra quasi E.T.”.
Pinocchio è l’archetipo per eccellenza della storia di un’evoluzione, di un burattino di legno che deve diventare uomo attraverso un percorso ad ostacoli che inevitabilmente lo spingono due passi avanti e uno indietro, e di quella di un padre che deve accettare non solo che il figlio non gli appartenga, ma che per amore si deve essere disposti a dare tutto senza nulla in cambio.
Non c’è mai giudizio nel film, ma la realtà com’è. Che è quella dei mostri, degli avidi, dei violenti, di scene di tenerezza ma anche horror (un Pinocchio impiccato mi rimarrà a lungo nella mente, il giudice scimmia è memorabile), quella delle fatine e degli amici veri in un crescendo trasformativo di comprensione per arrivare ad essere carne ed ossa. E ad ogni scena, pura magia. Se vi pare poco.
La bravura di Garrone sta anche nell’aver scelto in modo impeccabile i protagonisti, Benigni-Geppetto riscatta il suo pessimo Pinocchio di 17 anni fa, restituendo umanità, spessore e dignità alla figura del falegname, Mangiafuoco-Gigi Proietti è un gigante da circo, Ceccherini e Papaleo sembrano nati per fare il Gatto e La Volpe, orrendi e viscidi quanto è giusto, senza dimenticare La Lumaca-Maria Pia Timo, Marine Vacht La Fata Turchina e uno strepitoso Davide Marotta nei panni del Grillo Parlante.
Il piccolo Pinocchio è il bravissimo Fedrico Ielapi che si è sottoposto ogni giorno a 4 ore di trucco prima di poter girare e che ha dato una bella vivacità al personaggio.
La cosa più impressionante di questo film è davvero la veste grafica che Garrone ha saputo trovare, rinunciando quasi totalmente agli effetti speciali ed affidandosi solo ad una ricerca estetica e ad ore ed ore di trucco per regalare una pellicola che rimane scolpita nella mente anche quando sembra non raccontarci altro che la “banale” storia di Pinocchio. Vanno menzionati i trucchi e la prostetica del due volte premio Oscar Mark Coullier, il design dei personaggi di Pietro Scola Di Mambro, la stellare campagna pugliese che di per sè è un protagonista e gli effetti visivi incredibili di One of Us e Chromatica con la supervisione VFX di Massimo Cipollina. Il confine sottile tra scivolare in un irritante melò e una mediocre narrazione è sempre presente in Garrone che tiene con mano miracolata questa storia per quasi due ore. Chapeau, davvero.
Il film sarà distribuito da 01 Distribution, esce in 600 copie giovedi 19 dicembre per poi aumentare la capacità a 700 sotto Natale.