Attorno all’incredibile vita di Pasquale Donatone si potrebbero organizzare convegni e dibattiti sui diritti civili, diritti umani, migrazioni. Invece, molto più efficacemente, è stato realizzato un film documentario “Tony Driver”. Pensato e diretto dal regista Ascanio Petrini il è uno dei sette esordi proposti dalla 34° Settimana Internazionale della Critica alla 76° Mostra del Cinema di Venezia.
Pasquale è il soggetto e il reale protagonista del film. Dopo aver lavorato per due anni alla storia, il regista ha infatti deciso di affidarsi direttamente al volto e alla voce di chi l’ha vissuta e la sta vivendo di persona.
Il film è stato girato tra gli Stati Uniti, il Messico e la Puglia. E’ la storia vera di Pasquale. Nato a Bari è migrato bambino di 9 anni con la famiglia negli Stati Uniti. Lì è cresciuto, si è completamente inserito, tanto da farsi chiamare Tony.
Americano naturalizzato di fatto, ma non di diritto. Questo lo scopre Pasquale-Tony quando, tassista di frontiera a Yuma, viene arrestato perché trasporta migranti illegali dal Messico agli Stati Uniti. Nonostante tutti gli anni vissuti in America, Tony non aveva fatto richiesta di cittadinanza. Si trova così a scegliere tra due pene: carcere in Arizona o espulsione per dieci anni in Italia.
Ed eccolo qui, tra noi. E dove vive? Da distinto signore in una grotta di Polignano a Mare. Un italoamericano che l’italiano non lo parla, con la faccia di Travis in Paris, Texas, e che altro non aspetta che tornare negli States a dirne quattro a Mr Trump. Stare in Italia non rientra nei suoi orizzonti, è un posto “privo di opportunità”.
“In Tony e in quella storia – racconta il regista Petrini – ho trovato un nuovo personaggio capace di muoversi tra il Trevis Bickle di Taxi Driver e Willy il Coyote di Road Runner: un antieroe destinato a perdere ma anche a provarci. Quando ci siamo incontrati Tony viveva in una grotta sul mar Mediterraneo, nel completo rifiuto di ogni cosa, come ‘se la sua astronave fosse precipitata su un altro pianeta e lui fosse bloccato li’, tra rocce e acqua. Ho cominciato a filmarlo per conto mio ma presto mi sono reso conto che i paesaggi profondamente contraddittori della sua storia meritavano una restituzione visiva: doveva essere ambientata qui in Italia ma anche lì, in America”.
Il film è prodotto da Dugong, Marco Alessi e Giulia Achilli, con Helmut Dosantos – Fulgura Frango (Messico), Rabid Film e il contributo di MIBAC e Apulia Film Commission. I produttori sono gli stessi de La strada dei Samouni.
Per i selezionatori della Sic: Tony Driver “è l’epopea al contrario di un anti italiano che potrebbe essere una sceneggiatura dimenticata di Age e Scarpelli, un film mai fatto di Dino Risi o Ettore Scola”. Un film “fuori norma – dice il delegato generale della Sic Giona A. Nazzaro – su uno straniero in terra straniera. Un film sull’assurdità delle frontiere, cruciale per ragionare su una delle questioni che vanno rimesse in discussione”.
Le reazioni al film sono state alterne, come accade di frequente verso le forme più diverse che sta assumendo il cinema documentaristico. A volte fumetto, a volte film di genere, a volte documento storico. Noi apprezziamo la “leggerezza” con cui il regista ha voluto affrontare la storia e affidandarsi alla “verità” di Pasquale nei panni di attore. Il risultato è che, pur se non assistiamo a una fiction, sono incerti i confini tra cinema e finzione. E questo è il cinema. Un cinema che fa riflettere, sui confini, sul diritto di cittadinanza, sulle migrazioni. Fa riflettere non tanto perché argomenta un tema o affonda la ricerca, ma perché racconta.