“Non mi piace essere solo l’icona, la bandiera, senza avere una posizione importante, come mi spetta”. La vecchiaia non abita a casa di Carla Fracci, che indossa i suoi 80 e passa anni con il piglio di una ragazza. Ed è così che appare, come una ragazza, in “Qualcosa rimane”, opera prima del 2019 di Francesco D’Ascenzo, presentato in anteprima mondiale in questi giorni al 5° Biografilm Festival di Bologna – International Celebration of Lives.
Quindici ritratti di artisti italiani ultra ottantenni, scelti dal regista che ha voluto incontrare, negli anni scorsi, i suoi miti viventi per sondarne la vita quando l’orizzonte della morte si avvicina. Non i ricordi del passato, ma la forza che ne rimane nel presente.
Incontri con giganti, alcuni scomparsi nel frattempo, Giorgio Albertazzi e Paolo Villaggio, nella stagione della loro fragilità, dopo vite intense e dedicate alla cultura e all’arte. Tutti personaggi rispetto ai quali è certo che “qualcosa rimarrà”: Raffaele La Capria, Maria Luisa Spaziani, Enrico Intra, Manlio Cancogni, Eva Fischer, Enrico Lucherini, Morando Morandini, Antonello Falqui, Renato Sellani, Carlo Giuffrè, Carlo Loffredo. Anche Beppe Menegatti, viene intervistato e a sua volta non manca di spirito: «Il tempo che passa lo giudico dalla difficoltà con la quale un uomo o una donna trova disagio a infilarsi le calze la mattina». Ma rispetto a un mood che esprime un profondo amore, un entusiasmo che non non si sopisce per la vita ma, pur velato di malinconia, spicca lei, la Fracci, come donna che guarda non solo al presente, ma al futuro.
“Ho i piedi per terra, anche se dicevano che volavo” spiega Carla Fracci. La star internazionale, già prima ballerina della Scala, la cui intervista nel film è quasi un cameo, è disponibile ad incontrare la stampa a Bologna dopo la proiezione del film. “I piedi per terra, questo è servito nel mio lavoro – continua – Sono sempre stata così determinata perché ho come background una vita contadina, vissuta in campagna, libera, all’aria aperta. Questo non te lo puoi scrollare di dosso, nella vita in generale”. Altroché se è stato d’aiuto, per una vita di “grande successo, internazionale”, la Fracci ne è ben consapevole. Nel film dice che guarda al domani e che si occupa volentieri della sua casa, o di fare dei lavoretti o di stare lì a pensare. E ricorre a un paradosso quando il regista le chiede “cosa rimane”, risponde quasi volando: “Dicevano Fracci-Stracci, forse resterà quello….”.
Ha accettato l’invito di Francesco D’Ascenzo, per affetto, per stima e perché ha trovato il suo progetto interessante: “Avremo a un certo punto tutti la stessa età e lui si è avvicinato con molto garbo, molta delicatezza e anche ironia e affetto ai personaggi che ha incontrato”. Tra tutti ricorda con particolare affetto Albertazzi, conosciuto da giovanissimi. L’entusiasmo, la curiosità, la voglia di scoprire e di fare sono indubbiamente caratteristiche che la Fracci ama, anche nei protagonisti del film: “Evviva la gioia di continuare con ottimismo. Non c’e molto ottimismo in questo momento, in generale”. Del passato, infatti, “non si vive”.
Riguardo al suo mondo, quello della danza classica, l’analisi è sferzante e limpida, da lei che peraltro ha diretto il corpo di ballo del San Carlo, dell’Opera di Roma e dell’Arena di Verona, ma mai al Teatro della Scala: “È un’arte, la danza, che va aiutata, e non demolita. Purtroppo non ci sono più compagnie di danza nei teatri d’Italia. E questo nonostante la grande promozione che è stata fatta, perché l’Italia aveva bisogno della danza. Se la sono dimenticati quelli che sono più in alto di noi”.“Era lo Stato, una volta, che manteneva le grandi compagnie – continua – ora ce ne sono fin troppe di compagnie e tutte private”.
Quando Carla Fracci iniziò, la scuola di ballo della Scala era gratuita: “Sono stata fortunata, altrimenti non me la sarei potuta permettere. Ho avuto una carriera lunga, bella e internazionale. Sono orgogliosa di essere stata una pioniera”. Ora c’è molta danza contemporanea (“è più facile”) e poca danza classica: “Lì si impara una forma di disciplina. Non è sacrificio, se si sceglie non è un sacrificio. Serve volontà, che è rispetto con te stessa di chiedere sempre di più. Servono non solo gambe e piedi, ma un cervello, sentimento, stile e bravi maestri”.
Oggi la grande danzatrice è una donna senza età che pensa ancora al lavoro e alle giovani generazioni e, forse, a cosa altro lasciare dietro di sé: “I talenti ci sono, c’e molto lavoro da fare. Comunque il fatto stilistico si è perduto e si sono distratti. Non mi piace essere solo l’icona, la bandiera, senza avere una posizione importante come mi spetta. Ecco l’ho detto”.
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