Martedi 21 maggio sarà una giornata da ricordare a lungo per tutti coloro che da 4 anni aspettano il nuovo romanzo di Isabella Santacroce. Vorrei parlare molto e a lungo di Isabella perchè, come tanti, ne ho subito il fascino fin dal primo libro che ho letto “Luminal” e quel fascino non è mai passato. In più ho conosciuto la persona Isabella, che ha arricchito il quadro rendendolo un capolavoro.
Quel capolavoro di perfezione, quella verticale verso la luce che è la sua Scrittura. Dovremo in effetti cominciare a rendere giustizia alla sacralità della parola e della ricerca che la Santacroce fa negli alfabeti che si inventa, nella sintassi che distrugge e ricompone come una pianista cui non servono le regole della musica. Quasi le parole sgorgassero dalle sue labbra o dalle sue dita come se essa stessa ne fosse l’Artefice Suprema o la Padrona Assoluta.
La Padrona che è appunto “La Divina”. E’ il suo undicesimo romanzo e per sua stessa ammissione non è più interessata a farlo uscire con una casa editrice classica, ma con la sua stessa, chiamata Desdemona Undicesima. Il libro si compra solo on line o alla presentazione a Tor Vergata e costa 50 euro. Una scelta dettata come dice Isabella “dal non offrire il nulla che impera”.
La presentazione del libro avverrà dunque una sola volta, martedì 21 maggio dalle ore 11 presso l’aula S. Moscati della della facoltà di Lettere e Filosofia, in via Columbia 1. Interverrano i docenti Marina Formica, Rossana Buono, Rino Caputo, Raffaele Manica, la scrittrice Barbara Alberti, Maria Giovanna Barletta e il tenore Andrea di Gregorio.
“Ho scritto La Divina in 4 anni, lei, incantevole e folle, angelo pieno di demoni, regina della perdizione e della purezza, Eva, libera di sognare la felicità nell’impossibile, come il re Ludwig II di Baviera, il re dei cigni. A lui dedico il libro, un libro diviso in tre parti, la prima parte del capovolto amore, la seconda parte della capovolta aurora, la terza parte del capovolto crepuscolo. Per quattro anni sono stata devota all’alfabeto, forse come sempre, forse come non mai, perché l’alfabeto bisogna di devozione per svelarsi, e in questa mia grande storia d’amore con la letteratura, la devozione alle lettere è quanto ho di più sacro. Scrivere La Divina è stato rivelazione e insegnamento, esultanza e violenza, sperimentazione indimenticabile.