Sergio Rubini dirige Il Grande Spirito, (qui la recensione) presentato al Bif&st di Bari, il 9 maggio in sala.”E’ una storia di un’amicizia sullo sfondo di una città, Taranto, devastata dall’inquinamento. Noi siamo i Sioux e l’Ilva è lo Yankee che ha distrutto vite umane, salute e ambiente”
Intervista al regista che nel film veste i panni di Tonino, detto Barboncino, un cinquanyenne non messo molto bene che durante una rapina, approfittando della distrazione degli altri due complici, ruba tutto il malloppo e scappa. La sua corsa procede verso l’alto, di tetto in tetto fino a raggiungere la terrazza più elevata, per rifugiarsi in un vecchio lavatoio, dove trova uno strano individuo (Rocco Papaleo) dall’aspetto eccentrico: sostiene di chiamarsi Cervo Nero e di appartenere alla tribù dei Sioux. In questa immobilità forzata, realizzando di essere completamente solo, a Tonino non rimane che un’unica disperata alternativa: allearsi con questo squilibrato che si comporta come un pellerossa e che, proprio perché guarda il mondo da un’altra prospettiva, potrà forse fornirgli la chiave per uscire dal vicolo cieco in cui è finito.