“Quando ho deciso di realizzare questo film ero in vacanza a Fez, in Marocco, stesa sul letto di un tiyad. A dormirmi accanto c’era Ali, la mia ragazza. Ci frequentavamo da poco, ma tra noi due l’amore è stato forte al punto da desiderare subito un figlio. Ho iniziato a scrivere un diario sulle conseguenze della nostra scelta. Mi segnavo tutti i passaggi medici. Mi accorgevo di vivere in un paradosso: desideravamo qualcosa di enorme, di costoso ed io ero piccola e senza particolari risorse. Ma i sogni non si abbandonano mai, e quando stai per perderli sei costretto ad invertarti qualcosa”: così la 33enne regista molisana Karole Di Tommaso ha introdotto la sua opera prima “Mamma + Mamma”, nella quale, come una fiaba d’amore racconta il reale percorso vissuto insieme alla moglie Alessia (diminutivo Ali, come nel film) per avere un figlio, attraverso la fecondazione assistita e i tanti viaggi alla (reale) clinica Girexx di Barcellona (Sposatesi nella realtà nel marzo 2018, ora il loro “cucciolo” Leon ha due anni!).
L’autobiografico “Mamma +Mamma“, scritto con leggerezza e senza pedanteria, alternando ritmi comici a momenti meditativi, vuole far riflettere, senza toni polemici e con riuscita autoironia, su alcuni punti rilevanti – in fatto di unioni civili – lasciati inevasi dalla pur importante legge Cirinnà del giugno 2016: tra questi, la fecondazione assistita e la maternità/paternità surrogata, con l’impossibilità di adozione del figlio del/della partner con cui si è uniti civilmente (la tanto dibattuta “stepchild adoption”).
“Mamma + Mamma” (sceneggiato dalla Di Tommaso con Chiara Atalanta Ridolfi) è in poche parole la storia autobiografica di un desiderio di maternità che si fa avanti nel turbine di domande quotidiane che si accalcano nelle esistenze già caotiche di due ragazze che si amano, Karole (Linda Caridi, “Ricordi?” di Valerio Mieli) e Ali (Maria Roveran, “Questi giorni” di Giuseppe Piccioni).
Vivono a Bari, in una piccola casa arrangiata a B&B che condividono con imprevedibili turisti (un po’ bozzettistici, diciamolo!), e con l’ingombrante ex fidanzato di Ali, Andrea (il debuttante Andrea Tagliaferri, autentico ex di Alessia: un pettegolo ficcanaso, sempre al verde, ma anche capace di accettare la sua “sconfitta” e di essere solidale con la nuova coppia. “Quando noi tre ci siamo dati per la prima volta la buona notte nella stessa camera – ha spiegato la Di Tommaso -, mi è stato tutto chiaro: eravamo tutti in cerca di stabilità, avevamo bisogno l’uno dell’altro”.
Tenera e ben riuscita scena è quella del “coming out” di Karole a Guardialfiera in Molise: un paesino sperduto fra gli ulivi, i cui abitanti conducono un’esistenza tranquilla, fatta di usanze e ricette tradizionali, canti e messe, ben lontana dal mondo di punture ormonali e bambini in provetta in cui vive Karole, consapevole comunque che la sua ricerca di maternità non può mettere in un angolo la necessità di accettare quanto prima il suo “presente” e le sue origini. Ad aiutarla in questo difficile contesto, personale ed ambientale, sarà soprattutto la saggezza del nonno.
Dietro la durezza del dialetto, ognuno dei familiari (la madre, il fratello Nicola e il nonno interpretano se stessi: altra magia creativa della regista, per trasmettere meglio l’importanza del suo senso di famiglia!) nasconde una certa tenerezza ed umanità, valori che pian piano appianeranno le differenze: la Di Tommaso sembra volerci dire che spesso ci vuole solo pazienza e un po’ di tempo per capire ed abituarsi ai cambiamenti. Insomma, solidarietà e mutuo soccorso potrebbero piano piano sostituire i viaggi della speranza. Ad eliminarli totalmente deve essere una politica che pensa a tutti, non solo ad una parte.
Il film palesa un profondo interesse nei confronti dell’umanità, in tutte le sue possibili sfaccettature, creando una storia ammaliante che ha il solo, importante scopo di mostrare l’amore, la sua difficile schematizzazione. Da sottolineare, infine, il nuovo coraggioso passo della produttrice Matilde Barbagallo, ancora una volta attenta a valorizzare un cinema d’autore e personale, dopo le riuscite prove di “Manuel”, di Dario Albertini, e “Tito e gli alieni”, di Paola Randi.