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Dialoghi in note. Una conversazione con Erica Banchi

Imma Tuccillo Castaldo by Imma Tuccillo Castaldo
20 Dicembre 2018
in L'Intervista, News
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Dialoghi in note. Una conversazione con Erica Banchi
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Roma è il luogo in cui, per incanto e fortuna, davanti ad un calice di buon vino  si intrattengono conversazioni inseguendo impronte d’artisti. Si scopre, così, che l’eclettismo e la versatilità  dell’interlocutore sappia trasformare passioni in forme musicali, ad esaltazione della forza creatrice. Deve aver pensato questo Monica Straniero, direttrice di TheSpot.news, quando una sera romana si è imbattuta nella giovane Erica Banchi. Classe ’87, Banchi ha alle spalle una solida carriera di attrice, teatro e cinema, tappe importanti del suo percorso. Successi televisivi nel curriculum, come la miniserie Paura di amare del regista Vincenzo Terracciano, e quella passione per il pianoforte che si è trasformata in amore, tanto da generare ed auto produrre il primo album, in punta di dita, leggere ed agili come si addice ad una compositrice.

MS: Attrice, pianista, compositrice. Un primo titolo ribelle, Igniorante, scritto proprio con la ‘i’ incastrata tra la ‘n’ e la ‘o’.

EB:    Sono andata a ‘rileggere’ le mie prime composizioni. Armonie e melodie che avevo ‘sentito’ prima ancora di studiare Composizione. Per umiltà e per provocazione ho scelto questo titolo. Chi mi conosce e negli anni ha ascoltato le mie creazioni ‘ignoranti’, mi ha poi incoraggiata. Ho deciso di osare e raccogliere queste narrazioni musicali per farne un album. Per presentarmi, per sbocciare e in un centro senso raccontare come nasce la Erica compositrice. La musica, con la sua potenza sovrannaturale, scandisce da sempre il ritmo delle mie giornate. Penso già al prossimo album che immagino come prova più matura grazie al supporto dello studio. Non posso dire se i miei ‘pezzi studiati’ e maturi piaceranno di più. La mia attuale aspirazione è quella di comunicare e ricreare un universo emozionale per chi ascolterà o ascolti la mia storia musicale, una sorta di autobiografia che ho segnato in note.

MS: Perché hai scelto di auto produrre il tuo album?

EB: Il bello di essersi autoprodotti un disco è che non si ha l’obbligo formale di ringraziare gente che non si ama. Scegliere di auto produrre questo album è una scommessa e se vuoi, così facendo, soddisfo un’esigenza. Da una parte è un modo per mettere alla prova un mondo in cui lo scambio tra arte e denaro può rendere anche schiavi e in qualche modo servi della dinamica. Dall’altra, presento il mio lavoro musicale non come un mero esperimento hobbistico. La musica non è un hobby e questo album ha un prezzo, ma non è appunto solo un prodotto ‘da vendere’. Mi premuro di promuoverlo direttamente alle persone. Le contatto e lo propongo. La differenza la fa il modo, il mood. Non preconfeziono un messaggio promozionale, interagisco e cerco la relazione con l’altro. Alla fine è come uno scambio amorevole che cerco di vivere e di condividere. Brutalmente e fuori dai denti: meglio vendere musica che bombe, armi, feticci che ispirino violenza. Vendo musica per vivere e per amore. Vendo qualcosa che espone la mia anima e le persone che l’acquistano, credo lo percepiscano.  Scrivendo personalmente ad ognuno, mi sento di assolvere ad un dovere etico.

MS: Come ti poni con le persone alle quali proponi il tuo lavoro?

EB: Come ti dicevo non scrivo messaggi di vendita preconfezionati. E ovviamente il messaggio dipende dalla persona. Ogni giorno scrivo qualcosa di diverso. Ogni persona è un universo a sé e mi sforzo di ‘parlare’ a quella persona con un messaggio che la coinvolga come individuo. Quella persona dedicherà tempo della sua vita ad ascoltare il mio lavoro e ovviamente risorse per acquistare la mia musica. Trovo giusto io possa spendere parte del mio tempo con chi a me dona qualcosa.

MS: Comporre è l’atto creativo più intimo e complesso da spiegare. C’è però sempre come uno scrigno di tesori dal quale un artista attinge. Come racconteresti questo momento?

EB: È impossibile la creazione senza un substrato di ‘materie prime’. Credo che tutto nasca dall’elaborazione di un’infinita combinazione di elementi per poi trasformarsi in qualcosa che è altro, sempre. L’originalità credo stia proprio nell’atto elaborativo di quel qualcosa che già conosci, anche se non ne sei del tutto cosciente. La creatività in qualche modo è in dinamismo rielaborativo. Credo in Dio e credo anche che la musica rielabori una comunicazione ultraterrena. Per me comporre musica è come ricostruire l’immagine di un ponte che metta in comunicazione mondi divisi, apparentemente. Suono ponti, lo dico letteralmente. Sono stata di certo influenzata da artisti contemporanei e non. Sono cresciuta negli anni ’90 e le mie melodie si appoggiano al minimalismo musicale come interpretato da Nyman, ma non inseguo necessariamente la ripetizione costante di un’armonia o di un modello. Un pianoforte che mi ha sempre emozionata per l’inattesa eco rockeggiante è quello di Beethoven, nel tema finale del terzo concerto per pianoforte e orchestra. La musica deve muoversi e la musica minimalista muove. Smuove.   

MS: Perché hai scelto la new music, il classico contemporaneo dagli anni ’60 statunitense, e lasciato invece in silenzio le parole?

EB: Le parole sono indubbiamente lo strumento più immediato per comunicare. L’immediatezza però è a volte una sorta di imposizione del messaggio che si veicola; quasi a strozzare il processo creativo di rielaborazione, in questo caso di chi ascolta. Vero è che le parole definiscono la realtà, ma la sovrabbondanza di queste espone al rischio di una cultura usa e getta. La ‘cultura’ è invece qualcosa che si costruisce con pazienza, anche con fatica. Stratificazione e rielaborazione. La musica, senza parole, in qualche modo ti mette nella condizione di essere libero di costruire la tua realtà. Si tratta di una libertà interpretativa di cui gode chi sta in ascolto. Credo sia un privilegio: poter ricreare ogni volta un messaggio nuovo da un ascolto di note ordinate armonicamente.

I calici di vino sono stati svuotati di verità. Il calore di un rosso rubino è sufficiente per non lasciarsi pizzicare da toccate impertinenti nella frescura dicembrina. A noi non resta che ringraziare Erica Banchi, aspettando già la scommessa successiva: il suo prossimo album.

Al link che segue tutte le informazioni su Erica Banchi

https://www.instagram.com/ericabanchi/?hl=it

https://www.facebook.com/erica.banchi

https://ericabanchi.com

 

Tags: 'Igniorante' albumalbumclassicaErica Banchiminimalismo musicalemusicapianoforte
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