Ci sono tesori nascosti nei mercatini, sulle bancarelle e dai rigattieri di Roma. La prova è la mostra “Beuys: viaggi in Italia” alla Casa di Goethe in via del Corso fino al 20 gennaio 2019, seconda esposizione del ciclo “Costellazioni” che racconta di storie e tesori rinvenuti a Roma grazie al “collezionismo di strada”. Il termine è di Giuseppe Garrera, l’Indiana Jones a cui si debbono questi ritrovamenti.
Pur se pensato come omaggio alla flanerie di Walter Benjamin a Parigi, il progetto di Garrera, allestito con Maria Gazzetti direttrice della Casa di Goethe, è tutt’altro che generato dalla casualità del girovagare.
Storico dell’arte, musicologo, collezionista, curatore, coordinatore scientifico del master in Economia e Management dell’Arte e dei Beni culturali alla Business School del Sole 24 Ore, Giuseppe Garrera frequenta mercatini e bancarelle romane con il rigore della goccia che cade. Si presenta nel cuore della notte a Porta Portese, quando arrivano i furgoni carichi di case dei nonni fatte sgomberare dai nipoti, intere librerie, scatoloni di merce confusa, lettere e ricordi della vita degli altri. Rovistando con una sorta di “impudicizia“, ma con la speranza di salvare tesori dal macero, grazie alla sua grande conoscenza e cultura Garrera ha recuperato un notevole Pantheon relativo all’arte contemporanea e ai movimenti dagli anni ’60-’70, fatto di documenti, autografi, fotografie originali, opere.
Il progetto espositivo in corso alla Casa di Goethe è iniziato tra fine 2016 e inizio 2017 con “Costellazioni 1 – Recupero di storie tedeschi girando per Roma”, dedicato alle vite di Reinhard Dhorn, Ernst Stadelmann e Ernst Bernhard. In quel caso sono passate dal mercatino alla dignità di opera una incisione di Dürer, pagata 3 euro e valutata 5-6mila, una litografia di Francis Bacon, pagata 1 euro e stimata 3mila, rare edizioni con grafiche di Manet e Renoir.
Nell’atrio di Casa di Goethe resta tutt’ora esposta la mappa dei luoghi perlustrati e dai quali provengono i ritrovamenti, alcuni dei quali oggi purtroppo chiusi o trasformati in altre attività: il mercato di Porta Portese, il mercatino “Affare fatto” in viale Aventino, “Robertone Mercatini” in via Fiore, “Invito alla lettura” (chiuso), il mercatino di Conca d’Oro, la libreria “Ferro di Cavallo” (chiusa), il mercato di Piazzale Ostiense, la libreria “S.T. Foto Libreria Galleria” oggi caffè bar, le bancarelle di Piazza Esedra e quelle di via delle Muratte. Non solo flanerie, si diceva, anche situazionismo visto che Garrera ha dato vita alla “Vetrina”, in via del Consolato, dove in dicembre, è stata esposta una artista in persona.
Foto di UMS
In “Costellazioni 2” i recuperi di storie tedesche girando per Roma permettono di ricostruire, come detto, i viaggi in Italia di Joseph Beuys. Dopo che l’Italia e il Mezzogiorno lo avevano già conquistato quando lui soldato 22enne dell’esercito tedesco, marconista della Luftwaffe, era stato a Foggia tra febbraio e maggio nel 1943, Beuys ritorna in Italia solo nel 1971, su invito di galleristi quali Lucio Amelio, e si prepara leggendo il “Viaggio in Italia” di Johann Wolfgang von Goethe.
Attraverso oggetti in gran parte rinvenuti nei mercatini, tra cui manifesti, inviti autografati, fotografie, lettere, pubblicazioni, multipli, documentazione audiovisiva, si riesce a ricostruire una presenza palpabile dell’artista, entrata in forma di documentazione personale della generazione che lo ha seguito. Apre la mostra, per esempio, un ritratto fotografico rinvenuto nella biblioteca del giornalista Alberto Ronchey. C’è persino il disco “Sonne statt Reagan”, in cui Beuys stesso, fondatore del movimento dei Verdi in Germania, canta contro l’energia nucleare e il presidente Reagan.
Della terra “dove nascono i limoni”, Beuys ha una visione affascinata, quasi pasoliniana: “A Napoli mi sento a casa – afferma in una intervista video su “La rivoluzione siamo noi” – In ogni uomo italiano o donna italiana si può onorare il re o la regina. Questa è l’idea. Credo che nel Mezzogiorno si trovi ancora l’idea del popolo. Amo questo popolo”.
Foto di UMS
Ciò che Germano Celant, Achille Bonito Oliva e altri autori hanno raccontato in modo sistematico in “Beuys, tracce in Italia” del 1978, emerge nella mostra di Casa Goethe come storia di una generazione italiana, i cui ricordi sono stati salvati dal tempo. Una generazione che a Capri, Napoli, Foggia, Roma, Venezia e Bologna è entrata in dialogo creativo con il maestro e sciamano, contribuendo e partecipando a scrivere un pezzo della storia dell’arte contemporanea nel nostro Paese. Leggere la storia di Beuys in Italia, attraverso piccoli oggetti che sono stati conservati come testimonianza, è come rileggere la nostra storia e ricordarci che non c’era solo lui ma c’eravamo anche noi.
Mentre le edicole si stanno trasformando in chioschi di souvenir e uno a uno i vecchi librai gettano la spugna, sapere che c’è chi attende all’alba a Porta Portese una biblioteca smobilitata di qualche sessantottino che non c’è più, accende una speranza. Non tutto andrà perduto.