Ride si apre una domenica mattina sulla discussione tra Carolina e il figlio su come ci si debba vestire ad un funerale.Presentato in concorso al Torino Film Festival (TFF36), il primo lungometraggio scritto e diretto da Valerio Mastandrea. è ambientato a Nettuno, sul litorale laziale, alla vigilia del funerale di un giovane operaio, morto per un incidente sul lavoro. E da quando è successo Carolina, la sua compagna, (Chiara Martegiani, nella realtà la moglie del regista), è rimasta sola, con un figlio di dieci anni, (Arturo Marchetti). Amici, conoscenti ed estranei invadono la sua casa per consolarla. Condoglianze è solo qualcosa che le persone che le stanno intorno hanno bisogno di dirle. Tutti si aspettano di vederla affogare nel dolore, ma Carolina non riesce a piangere. E’ impreparata ad affrontare una morte così improvvisa (“Non si muore così, senza lasciarti il tempo di capire!”) e non si vergogna a confessarlo a suo figlio (mamma ride!) che si esercita con un amico a rispondere alle domande dei giornalisti che certamente vorranno intervistarlo al funerale del padre.
Il tema che fa da sfondo al film, la morta bianca, era stato già al centro del primo cortometraggio di Mastandrea, “Trevirgolaottantasette”, girato nel 2005. Il film poggia su una sceneggiatura essenziale che va dritta al punto senza giri di parole. Lasciando che siano ironia e umorismo caustico a dominare la narrazione, Mastandrea racconta con schiettezza e onestà il rapporto con il dolore, il vero dramma della nostra epoca.
“Oggi è difficile entrare in contatto con la naturalezza delle emozioni, positive o negative che siano”, spiega il regista all’incontro con la stampa del #TFF. “Ci stiamo abituando alla morte bianca, come alla fame in Africa. La morte bianca è il simbolo dell’ipocrisia della nostra società che di fatto non fa nulla per evitare queste tragedie. Mentre i media si occupano di queste cose per poco tempo per poi passare a notizie più fresche“.
L’incapacità di Carolina di vivere il lutto in un modo stereotipato per non deludere chi si aspetta una giovane vedova devastata, rappresenta un atto di ribellione alle rigide e moralistiche convenzioni di una società che impedisce di vivere il dolore in modo riservato.
Ride è un antidoto alla disperazione. Il dolore è trattato con grande sensibilità e pudore dal regista-attore che è riuscito anche ad ottenere il massimo dalla protagonista, a farne intuire la forza di carattere e la complessità psicologica. La sua è una forma particolare di resistenza sociale ed è tutto molto politico.
Aggiungiamo un elogio anche alla colonna sonora di Riccardo Sinigallia che non solo ricopre il ruolo di musica d’accompagnamento del film ma s’immerge perfettamente nel suo cinema espressionista.