Quello che manca al lavoro di Drew Goddard è il senso profondamente ironico che invece troviamo nel regista-icona del pulp. Non che Goddard non ci provi, ma ci riesce in pochissimi tratti e nemmeno in modo così limpido.
Da El Royale, film di apertura della 13esima edizione della Festa del Cinema di Roma e nei cinema dal 25 ottobre, si lascia la sala permeati di tragedia e violenza, con una ventina di minuti di troppo che un migliore editing avrebbe dovuto capire.
Il film resta in ogni caso assolutamente godibile e la storia affascinante per chi ama il genere. I veri appassionati sapranno anche riconoscere le millemila citazioni che la sceneggiatura dissemina lungo il percorso, strizzando l’occhiolino a scene e registi che hanno fatto la storia di questo genere, da Tarantino ad Argento per finire con il bradpittesco Chris Hemsworth che, baffone e addominale, ci intrattiene lungo uno strano finale intorno ad un bancone-roulette dell’hotel.
Il cast in effetti è a dir poco stellare, da Jeff Bridges a Dakota Johnson, da Lewis Pullman a Cynthia Erivo, non c’è nessun attore che non offra una performance magistrale. Ma questo è nel Dna degli attori americani e ogni volta che vedo un film mi chiedo come possano essere così perfetti, credibili, assolutamente impeccabili.
Sette sconosciuti si ritrovano a passare la notte ad El Royale, strano hotel decaduto dagli antichi fasti, che si trova proprio al confine tra California e Nevada. Ad est il sole e la gioia, ad ovest l’opportunità e la speranza. Siamo di fronte al bivio della scelta fin dall’inizio, quando ai personaggi viene chiesto di scegliere una stanza al di qua o al di là del confine.
Ognuno dice di essere qualcuno ma siamo davvero sicuri che non stia mentendo? Chi cerca che cosa? Ogni personaggio ha una storia dentro che andiamo a scoprire tramite lo sviluppo parallelo della trama, in fast forward o in rewind (splendido in questo caso il lavoro registico), ricca di colpi scena, rivelazioni impreviste, morti a fucilate e presunti rapimenti.
Ognuno di loro cerca un riscatto, una redenzione e forse una via d’uscita alla vita che lo ha condotto fino a quel punto. Soprattutto si cerca il perdono, come Miles, il giovane manager, che fino alla fine chiede l’assoluzione al prete.
Siamo tutti peccatori sembra dirci Goddard, – già produttore di serie Tv molto famose come Lost e Daredevil – siamo tutti ad un bivio e il giorno del Giudizio il Signore non ci chiederà di scegliere tra Rosso o Nero davanti ad una roulette ma di confrontarci con le nostre scelte, il nostro male profondo e ci chiederà che cosa abbiamo fatto per redimerci. Se a quel bivio tra Nevada e California abbiamo scelto onestà e amore o l’abisso.