Matthias Schoenaerts è Manuel, Reda Kateb è Driss, Adel Bencherif è Imrane. L’infanzia e l’adolescenza l’hanno trascorsa insieme. Più che amici sono fratelli, cresciuti in una periferia, quella francese, che tiene sospesi ai margini seconde, terze generazioni di un ‘mondo’ che per ‘noi’ è da definire, con ignoranza, con un solo aggettivo semplificativo: ‘arabo’. David Oelhoffen porta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia un lungometraggio, un film drammatico che analizza dinamiche e dialettiche esistenziali.
Driss veste i panni di un poliziotto della narcotici. Ha scelto di uscire da un ruolo che la ‘società francese’ gli ha cucito addosso ancor prima che potesse decidere, prima della nascita, perché ‘arabo’; leale al sogno di ridefinire la propria identità perde il posto che gli spetterebbe nella ‘comunità’ di appartenenza che comunque non può nutrire il suo sé. Manuel ai margini della grandezza francese ci rimane, perché leale a sua volta a quel mondo che è la ‘famiglia’, la comunità originaria che protegge, da proteggere, guidata da Raji (Ahmed Benaissa), il saggio del villaggio urbano che in realtà è un boss. Manuel è padre di un bambino ed è separato da Manon (Gwendolyn Gourvenec), donna francese che pur amandolo non ne condivide le scelte di vita. Imrane è come Manuel dedito al traffico internazionale di cocaina, ma con Driss, all’insaputa di Manuel, intrattiene ancora rapporti: Driss garantisce che il suo traffico possa prosperare purché gli consegni un gruppo malavitoso, i Reyes.
Lo scambio pericoloso porterà tutti e tre a fare i conti con se stessi, accettando per forza l’appuntamento con un destino scritto da mani invisibili. Alla morte di Imrane, Driss e Manuel incroceranno ancora le loro strade, entrambi vivranno vuoti, solitudini, abbandoni, rancori, bisogni. Manuel, come Imrane prima di lui, sarà tradito proprio da quella ‘famiglia’ alla quale era legato da vincoli atavici. Driss scoprirà di non poter salvare altri, né se stesso.
La prova di David Oelhoffen presenta una narrazione fluida, senza cedere alla tentazione facile di creare eroi o definire cattivi. Le immagini di una banlieue si alternano alla quotidianità del malaffare. Parigi è distante, anche nell’immaginario dei protagonisti. La dimensione urbana ha il volto ingrigito dei palazzoni in costruzione, scrostati, alveari, labirinti che i personaggi conoscono e percorrono per nascondersi, rincorrersi, sfuggirsi. Presenti alla conferenza stampa, Mathias Schoenaerts e Reda Kateb confermano una perfetta sintonia artistica con il regista francese ed il giovane Sofiane Zermani, rapper di fama discreta conosciuto con il nome d’arte Fianso, che ci confessa alimenta il sogno di intraprendere una carriera da attore. Noi di TheSpot.news gli facciamo gli auguri e lo ringraziamo per lo scatto ed il simpatico ed amichevole scambio di battute.