Una bella favola di Gianni Rodari si intitola “Il palazzo da rompere” e racconta la storia del ragionier Gamberoni, il quale si inventa di costruire un palazzo da rompere così da far sfogare i bambini che distruggevano i beni pubblici della città.
In qualche modo la stessa idea la riprende la “camera della rabbia”, un posto dove si può distruggere, muniti di mazza, tutto quello che vi si trova compresi mobili e suppellettili varie, piatti e bottiglie compresi. Insomma, un modo per scaricare lo stress quotidiano e sfogare la rabbia senza che nessuno protesti.
Nata negli Stati Uniti e diffusa poi sia in Oriente che in Europa, la “camera della rabbia” ha avuto la sua genesi qualche anno fa “importata” da un ragazzo di Forlì che, tuttavia, dopo qualche anno la chiuse. Ora la cosiddetta “rage room” è stata aperta a Legnano e bastano solo 15 minuti di terapia spaccatutto per riprendersi dallo stress: ad ogni partecipante viene fornita un’arma base e un set di vari oggetti da spaccare. Tre le opzioni disponibili: si passa da un minimo di 20 oggetti, un vaso e un elettrodomestico da rompere, fino ad arrivare alla versione ‘deluxe’ con 40 pezzi da frantumare. È possibile scegliere anche qualche strumento aggiuntivo, come mazze da baseball o da golf o perfino un badile. Lo staff fornisce maschera, elmetto, ginocchiere, gomitiere, guanti, scarpe antinfortunistiche e quant’altro consenta di evitare spiacevoli inconvenienti. I prezzi vanno dai 30 agli 80 euro, a seconda delle opzioni scelte.
Divertimento, sui generis, e successo sembrano assicurati, in un mondo dove fare a pezzi qualcosa diventa purtroppo di grande attualità.. Magari ha ragione il ragionier Gamberoni della favola dove, grazie alla sua invenzione, i bambini una volta terminato di rompere tutto “si erano davvero sfogati e non provavano più gusto a rompere nulla. Di colpo erano diventati delicati e leggeri come farfalle e avreste potuto farli giocare al calcio su un campo di bicchieri di cristallo che non ne avrebbero scheggiato uno solo”.
Fosse questo il risultato ce ne vorrebbe una in ogni città.