Il 25 aprile esce nelle sale il film Youtopia di Berardo Carboni. Matilde, interpretata da Matilde De Angelis, è una ragazza appena diciotenne che per sfuggire a una realtà che non le permette di avere quello che desidera, si rifugia nel web. Qui scopre un mondo a parte e una scorciatoia per facili guadagni: utilizzare il proprio corpo e spogliarsi davanti alla webcam. La ragazza viene a conoscenza delle molteplici difficoltà economiche della madre (Donatella Finocchiaro) e si offre di aiutarla raccontandole di come abbia messo da parte i soldi. Il loro rapporto si stravolge così per sempre, anche perché gli spogliarelli non sono sufficienti a coprire i debiti e la perdita della casa è una possibilità sempre più concreta per la madre e Matilde. La ragazza decide così, con il consenso sofferto e disperato della madre, di indire un’asta online per vendere la propria verginità.
Ernesto, (Alessandro Haber), un farmacista di 60 anni, sposato con un figlio, convinto che la felicità si misuri con il possesso, riesce ad aggiudicarsela. Matilde per lui rappresenta la trasgressione estrema, ma anche l’idea di poter comprare la purezza. I mondi di Ernesto, Matilde e Laura si incroceranno indissolubilmente.
Il film sembra ispirarsi ad una notizia apparsa sui giornali all’inizio dell’anno. Una modella italiana diciottenne in un’intervista al tabloid britannico Sun aveva raccontato di aver messo all’asta la propria verginità per pagarsi gli studi all’Università di Cambridge e comprare una casa ai suoi genitori.
Per la presenza di tematiche e scene forti, il film è vietato ai minori di 14 anni. Per Matilde De Angelis in questo modo si continua a fingere di non sapere che i ragazzi di oggi vivono quotidianamente queste problematiche contribuendo ad alargare il divario tra le generazioni.
Il film vuole essere una condanna alla mercificazione, con cui sembra possibile comprare ogni cosa, senza considerare ciò poi in realtà si perde. L’umanità in primo luogo. Invece, suo malgrado, finisce per rafforzare la retorica moralista secondo la quale chi vende il proprio corpo è una vittima della società. Internet ci racconta un’altra verità. Ci sono donne che hanno fatto del sesso una professione e non dovrebbero vergognarsi per questo.
Dovremmo affrontare lo sfruttamento e l’abuso non solo quello dell’industria del sesso, ma di tutte le industrie. Ma viviamo ancora una società patriarcale dove la sessualità femminile continua ad essere considerata una questione pubblica su cui creare dibattito. Questo significa che per le donne che hanno deciso di usare la vagina per scopi economici, la strada per rivendicare il proprio diritto all’autodeterminazione è tutta in salita.