Nato a Casal di Principe , presentato alla Mostra del cinema di Venezia nella sezione Cinema nel Giardino, è un film che parla di camorra. Ambientato in una terrà dove il criminale non diventa un eroe e le sparatorie sono vere. E’ la storia di una famiglia. Di persone normali che hanno l’unica colpa di vivere in terre maledette. Il film diretto da Bruno Oliviero, nei cinema dal 25 aprile, è un racconto sospeso tra la faticosa volontà della rimozione per continuare a vivere e la necessità della verità.
Amedeo Letizia è un ragazzo di vent’anni che sul finire degli anni ’80 si è trasferito a Roma da Casal di Principe per inseguire la carriera di attore. Sta appena iniziando a muovere i primi passi, tra un fotoromanzo e un ruolo sul piccolo schermo in una delle fiction più famose di quegli anni “I ragazzi del muretto”, quando il fratello minore, Paolo, viene rapito da alcuni uomini incappucciati che ne fanno perdere le tracce. Amedeo torna nel suo paese d’origine, sin da subito questo viaggio si rivela una discesa agli inferi del suo passato e nelle contraddizioni della sua terra.
Letizia ha scritto un libro a quattro mani con Paola Zabuttini sulla vicenda: “Nato a Casal di Principe. Una storia in sospeso”. “Quella del rapimento è un’esperienza terribile – racconta – perché non vedi il corpo, non fai mai pace con il dolore”. Lo scorso anno il mistero della scomparsa di Letizia è stato risolto. Il giovane fu rapito e ucciso dai casalesi.
Eppure le indagini all’epoca furono chiuse a soli 9 mesi di distanza dall’accaduto. Non per Amedeo che non si rassegna alla scomparsa del fratello e intraprende una sua personale ricerca, lo fa armato di un fucile e con l’aiuto del cugino Marco, un ragazzo di diciassette anni. Il film segue Amedeo aggirarsi per quel territorio che va dalle campagne al mare, passando per i laghi, all’affannosa ricerca di suo fratello. Insieme a Marco setaccia la zona senza sapere se cercare un cadavere o un luogo dove Paolo è tenuto prigioniero.
“Volevo che questa storia vera e incredibile lo spettatore la vivesse con gli occhi del protagonista, un ragazzo di vent’anni”, spiega il regista. Con il personaggio di Amedeo, Alessio Lapice, Oliviero si è addentrato in territori inesplorati nei film dove la camorra regna indisturbata. Restituisce dignità a coloro che vogliono ribellarsi ma non sanno come fare. E mostra il conflitto interiore di chi magari pensa anche di diventare come loro, i camorristi, per trovare giustizia. “Ho pensato a tutto questo per fare di Nato a Casal di Principe un racconto in prima persona forte e profondo, in cui il pubblico possa immedesimarsi, vivere e capire cosa significa essere nato in terre dove la criminalità organizzata la fa da padrona”.
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