Dopo l’accoglienza calorosa di Dogman, Luc Besson torna dietro la macchina da presa con Dracula: A Love Tale (Dracula: L’amore perduto), presentato nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma. Il film, interpretato da Caleb Landry Jones, Christoph Waltz, Zoë Bleu e Matilda De Angelis, uscirà al cinema dal 29 ottobre distribuito da Lucky Red in collaborazione con Sky Cinema.
Durante la conferenza stampa romana, Besson ha ripercorso la nascita del progetto, nata quasi per caso durante la lavorazione del suo film precedente:
«Eravamo in New Jersey per Dogman, in pausa tra una scena e l’altra. Io e Caleb (Landry Jones) parlavamo di cosa fare dopo: Cesare, De Gaulle, Dio, Dracula… Alla fine abbiamo scelto lui. Ho riletto il romanzo e ho riscoperto una cosa che avevo dimenticato: Dracula è una storia d’amore. Non un horror».
“Odio gli horror, mi spaventano troppo”
Il tono di Besson, in conferenza, è ironico ma sincero. L’autore de Il quinto elemento e Léon rivela di essere tutt’altro che un amante del genere gotico:
«Non mi piace Dracula, lo ammetto. Odio i film horror, mi fanno paura. Ma quando ho riletto Stoker ho capito che al centro non c’era il sangue, ma la devozione. È un uomo disposto ad aspettare quattrocento anni per dire addio alla donna che ama. È così romantico che ho voluto raccontarlo».
Da questa intuizione nasce un film sorprendente, che ribalta il mito: Dracula diventa un poema sull’amore, il peccato e la redenzione. Un film che non vuole spaventare, ma commuovere.
Dalla Transilvania alla Parigi del 1889
In Dracula: A Love Tale la storia inizia nella Transilvania del XV secolo. Il principe Vlad, guerriero devoto, parte per combattere gli Ottomani in nome di Dio. Quando la moglie Elisabeta si suicida credendolo morto, lui rinnega il Signore e viene maledetto con l’immortalità. Quattro secoli dopo, la riconosce reincarnata in Mina, promessa sposa di Jonathan Harker. Ma l’amore ritrovato porta con sé la dannazione.
Besson ha scelto di spostare la seconda parte del racconto nella Parigi del 1889, tra l’Esposizione Universale e il centenario della Rivoluzione francese:
«Tutti conosciamo Londra e i castelli nebbiosi, ma Parigi mi sembrava più viva. Il 14 luglio tutti celebrano la libertà, nessuno si accorge di un vampiro che cammina tra la folla. Mi piaceva questa contraddizione. E poi amo Parigi, lo sanno tutti».

Un Dracula dandy e malinconico
Caleb Landry Jones, attore-feticcio di Besson già protagonista di Dogman, offre un’interpretazione magnetica e vulnerabile: un Dracula dandy, esteta, più vicino a Oscar Wilde che a Nosferatu.
«Luc mi ha detto: Dracula è un uomo gentile in un corpo maledetto. Non un mostro. È elegante, curioso, ama i profumi, la musica, i tessuti. Ho persino creato un profumo apposta per interpretarlo», racconta l’attore.
Besson conferma:
«Non volevo un vampiro con superpoteri, ma un uomo che soffre. Caleb ha trovato un accento rumeno perfetto e una voce bassa, quasi rettiliana. Quando l’ho sentito parlare così, ho capito che avevamo trovato il nostro Dracula».
L’amore e la morte: Zoë Bleu e Matilda De Angelis
A interpretare le due figure femminili centrali, Besson ha scelto Zoë Bleu – figlia di Rosanna Arquette – nel doppio ruolo di Elisabeta e Mina, e Matilda De Angelis come Maria, vampira passionale e ambigua.
«Zoë è stata una rivelazione. Caleb me l’ha segnalata dopo averla sentita cantare. Non avevo idea fosse la figlia di Rosanna, che avevo diretto trent’anni fa in Le Grand Bleu!», racconta Besson ridendo.
Matilda De Angelis, reduce dai successi internazionali di Citadel: Diana e dal film Fuori di Mario Martone, porta una forza tutta italiana nel cast:
«Matilda è precisa, disciplinata, ma capace di esplodere in emozione. Ha girato due film contemporaneamente, il mio e quello di Martone. È stata eroica».
Il prete e il peccatore
Nel ruolo del prete, Besson ha voluto Christoph Waltz, due volte premio Oscar. «Ho pensato a lui subito. Gli ho fatto vedere Dogman e ha accettato prima ancora di leggere la sceneggiatura», rivela il regista.
Waltz interpreta un religioso che rappresenta la ragione, il dubbio e la fede, in contrasto con l’eternità del vampiro. Un confronto che trova la sua apoteosi nel finale: un duello verbale e spirituale tra due uomini che hanno sfidato Dio in modi opposti.
«Sul set – racconta Besson – Caleb e Christoph si rispettavano come due spadaccini. Nessuno cercava di dominare l’altro. È stata una danza tra due anime».
Arte, costumi e musica: l’estetica dell’eterno
Visivamente, Dracula: A Love Tale è uno spettacolo barocco e sensuale. I set firmati da Hugues Tissandier – tra castelli, conventi e saloni parigini – alternano oro, rame e velluti. I costumi di Corinne Bruand (oltre duemila realizzati) donano ai personaggi un’aura quasi pittorica.
La colonna sonora di Danny Elfman amplifica il tono epico e tragico del film.
«Quando gli ho proposto il progetto, mi ha detto che era sempre stato il suo sogno fare un Dracula – rivela Besson – ma aveva già rifiutato tre film. Dopo aver letto la sceneggiatura mi ha mandato un tema che mi ha fatto piangere. Aveva capito tutto».
Un mito religioso secondo la critica americana
Dall’altra parte dell’Atlantico, la critica si è divisa. Ma molti hanno colto il carattere inaspettatamente “teologico” del film.
Nella recensione pubblicata su Reason Magazine (novembre 2025), Jack Nicastro scrive che Dracula: A Love Tale è
«una rilettura conservatrice e religiosa del mito di Bram Stoker».
Il critico descrive il film come “una parabola sulla caduta e la redenzione”.
Besson trasforma il vampiro in un eroe religioso tradizionale, un martire dell’amore e della fede. Non più il male assoluto, ma un uomo che accetta la punizione di Dio come atto d’amore
La magia del set
Jones ricorda l’episodio della grande scena della fiera di Parigi, girata prima sotto la pioggia e poi ricreata in studio:
«Luc è un mago. Ha fatto costruire tutto da zero, con clown, giocolieri e centinaia di comparse. Quando ho visto la scena finita, sembrava girata davvero nei giardini del Palais Royal. Mi sono commosso».
Besson ringrazia la sua troupe “di invisibili”:
«Sono loro la mia forza. Centinaia di persone che lavorano nell’ombra. I soldi devono stare sullo schermo, non nelle tasche di nessuno».
Dracula, l’amore perduto
Alla fine, Dracula: A Love Tale è un viaggio che attraversa i secoli, l’arte e la fede per raccontare la più umana delle emozioni: l’amore che resiste alla morte.
Besson rimane uno di quei registi che credono ancora nella poesia del cinema:
«Forse è strano dirlo, ma credo che Dracula sia il mio film più luminoso. Parla di amore, non di tenebre. E anche se ha i canini affilati, in fondo, è un film che morde il cuore».
















