C’è sempre qualcosa di indecente nel guardare troppo a lungo.
Andrea De Sica lo sa, e in Gli occhi degli altri mette in scena proprio questo: lo sguardo come atto di possesso, come gesto politico e intimo insieme.
Su un’isola lontana, di una bellezza quasi crudele, una donna arriva da fuori. Si chiama Elena (Jasmine Trinca). La sua presenza incrina la quiete artificiale di quel paradiso privato, proprietà di un marchese che possiede tutto, tranne se stesso.
Il mare è immobile, la luce bianca, gli animali selvatici brucano fra le rovine di una villa che sembra uscita da un sogno dannunziano. È qui che inizia la vertigine: un amore che diventa esperimento, un gioco di dominio che confonde chi guarda e chi viene guardato.
Liberamente ispirato alla tragedia dei Casati-Stampa, il film trasforma la cronaca nera in un incubo elegante, dove il sesso è solo la superficie del potere.
Il marchese Lelio (Filippo Timi) osserva Elena, la modella, la fotografa, la espone: non la ama, la trasforma in immagine. Intorno a loro si muove una piccola corte — servitù, amanti, spettatori — che alimenta il meccanismo dello sguardo. Tutti partecipano, nessuno è innocente. “Non mi interessava la ricostruzione,” ha detto De Sica. “Volevo capire come si arriva a confondere amore e sopraffazione, come la bellezza possa diventare violenza”.
Il film è girato tra il Lazio e l’isola di Zannone, uno scoglio verde perso nel Tirreno. La fotografia di Gogò Bianchi lavora come una lama: il sole acceca, le ombre tagliano, la carne si fa paesaggio.
Niente nostalgia, niente museo della Dolce Vita: De Sica osserva la nobiltà morire lentamente, come un animale in posa. L’isola diventa la lente di ingrandimento di un Paese che ha sempre nascosto la violenza dietro la cortesia, la ferocia dietro il decoro.
Gli anni Sessanta di Gli occhi degli altri non sono un periodo storico: sono un laboratorio morale.
La libertà sessuale, la ricchezza, la decadenza aristocratica: tutto viene filmato come una malattia che si ripete, in forme diverse, nel presente.
Dal voyeurismo mondano di allora al voyeurismo digitale di oggi, dal piacere privato alle logiche pubbliche del controllo, il salto è minimo. “Quel mondo era un Titanic che affondava tra gli applausi,” ha detto De Sica. “E forse lo è anche il nostro”.
Jasmine Trinca costruisce una Elena inquieta, divisa fra attrazione e repulsione. È una donna che non si lascia salvare: attraversa il desiderio come un campo minato. Filippo Timi dà al marchese un magnetismo animalesco, un uomo che confonde il possesso con la passione. Attorno a loro Matteo Olivetti, Anna Ferzetti e Vincenzo Crea osservano, spiano, partecipano alla dissoluzione.
Il film non chiede empatia, ma attenzione. Ogni inquadratura è un test: quanto possiamo guardare prima di diventare complici? Gli occhi degli altri non è solo un dramma erotico. È un film sulla politica del desiderio.
In un mondo dove tutto è visibile, De Sica riporta lo sguardo al suo lato oscuro: ciò che resta invisibile anche quando è davanti agli occhi.