Dopo Truman e Sentimental, Cesc Gay torna con una nuova commedia che si finge lieve, ma che in realtà cela un cuore ribelle. La mia amica Eva racconta la storia di una donna che, a cinquant’anni, decide di abbandonare la sua vita “perfetta” — marito devoto, figli adolescenti, buon lavoro — per inseguire qualcosa di apparentemente effimero: la sensazione elettrica di essere di nuovo innamorata. Non di qualcuno in particolare, ma dell’amore stesso, della sua promessa di turbamento, rischio e scoperta.
Non è, dunque, l’ennesimo dramma da tradimento o la ripetuta cronaca di un matrimonio finito. È piuttosto il ritratto di un desiderio fuori tempo massimo, che diventa gesto politico, atto di ribellione. Perché Eva non cerca tanto un uomo, quanto il diritto di riscrivere la propria vita, di provare ancora la frenesia di un primo appuntamento, il nervosismo prima di un bacio, la gioia inaspettata dell’imprevisto.
La società che la circonda non la comprende: il marito resta pietrificato, i figli oscillano tra la vergogna e l’imbarazzo, la famiglia la giudica incapace di “stare al suo posto”. In fondo, che diritto ha una donna in piena menopausa di inseguire ciò che si suppone spetti solo ai giovani? Ed è proprio qui che La mia amica Eva diventa dichiarazione di intenti: con tono ironico e compassionevole, Gay smonta un tabù ancora vivo, quello di una femminilità che, passata una certa età, deve farsi silenziosa, sobria, invisibile.
A dare corpo a questa insurrezione garbata è una strepitosa Nora Navas, che con naturalezza e ironia restituisce un personaggio tridimensionale, vulnerabile eppure determinato. In lei convivono la leggerezza della commedia e la gravità di chi mette in discussione un’intera esistenza. È attraverso i suoi occhi che seguiamo il percorso di Eva, tra appuntamenti goffi, incontri casuali, amori potenziali che si sbriciolano, e un continuo interrogarsi se la decisione di separarsi non sia stata solo un colpo di testa.
Il cast che la affianca amplifica questa tensione: Juan Diego Botto, nei panni del marito smarrito, offre uno sguardo dolente e incredulo; Rodrigo de la Serna aggiunge ironia e complicità in un gioco sentimentale che non si prende mai troppo sul serio.
Il film non cerca colpi di scena né melodrammi: preferisce raccontare il tempo che scorre come un fiume tranquillo, mostrando come i piccoli inciampi quotidiani — un appuntamento andato male, una serata con le amiche, una cena di famiglia — possano contenere tutta la complessità di un’esistenza.
Alla fine, più che sul “grande amore”, La mia amica Eva, al cinema dal 9 ottobre, con Teodora, è un inno al sentimento stesso di essere innamorati. Non importa se l’oggetto del desiderio si rivela sbagliato: ciò che conta è la vitalità che nasce dall’attesa, dall’incertezza, dalla speranza. È qui che il film trova la sua cifra più sincera: celebrare l’amore non come possesso, ma come energia vitale, come possibilità che continua a rinnovarsi.