Dopo le “Digital Lies”, le bugie artistiche digitali, Damiano Fasso torna a Treviso con “Chronotopie” una mostra sorprendente per la capacità di frantumare il presente, il passato e anche il futuro con uno sguardo alt(r)o sulla contemporaneità che ci stritola, ci seduce e ci ammalia con quelle occasioni e opportunità che regalano Tempo. Ma lo regalano davvero? O siamo solo dei poveri illusi?
Dentro al mondo di Fasso ci si piega e ci si ricompone in un mosaico di colori, simboli e provocazioni, ed è necessario muoversi dentro la memoria, accettare visioni post-organiche e archeologie interiori, toccare quel mondo che va dal k-pop al manga ed uscirne, in qualche modo, rigenerati, anche se non si conosce Murakami.
Bisogna tornare a pensare, a respirare davvero, anche se solo per un attimo. Tornare umani veri. Perchè questo è lo scopo che ci è rimasto dentro il mondo pixelato e ipercaotico, iperconnesso e ormai quasi, per qualcuno, ridotto ad un mero videogioco (però si badi che abbiamo una vita sola). Entrare nel Tempo di Damiano Fasso signfica allora fermarsi, accettare un fiore da un astronauta glitterato, accendere il cervello e guardare la realtà in modo più attento, leggerne i simboli. Non si viene inghiottiti se si alza la testa, anche solo dal cellulare.
Fare sintesi di differenti tecniche, linguaggi visivi, multimediali, simbolismi e coscienza orientale è diventato ormai per l’artista il segno distintivo di un percorso che lo ha portato ad esporre in tutto il mondo. Chronotopie dunque non è solo una mostra, ma un progetto itinerante che promette di girare il mondo, arricchendosi di nuove opere e installazioni a ogni tappa, in collaborazione con il Future Maastricht Museum and Gallery.

A Treviso, il cuore pulsante è Dream Time Traveler, un’opera che incarna l’essenza del progetto: il tempo non è una linea retta, ma un labirinto fluido, dove il sogno e la realtà possono anche coesistere. Una figura umana il cui casco nasconde un occhio, scritte al neon, e più in là ci viene ricordato che “We are just a dream of AI”.
“Per lui mi sono ispirato all’idea del dream time delle culture aborigine australiane – spiega Fasso – cioè il tempo prima della creazione del mondo, da cui poi si sono generati esseri totemici o anche figure animali che guidano, e hanno insegnato all’umanità la sapienza originaria primigenia. Io l’ho voluto rappresentare come una figura che sembra del futuro e però offre questo fiore che indica proprio la capacità di sognare, di viaggiare in altri mondi. È una figura ambigua ma da leggere in chiave positiva“.
Ad ogni passo dentro questa galleria scopriamo “tele” che urlano modernità – plastiche, smalti fluorescenti e persino polvere da sparo, un elemento che vibra di creatività e pericolo, proprio come il nostro tempo, e che Fasso utilizza come avvertimento. Non tutto ciò che brilla, anche con la retroilluminazione che esalta le pitture pop, può ispirare fiducia.
Nella geniale serie A New World, un piccolo omino spaziale tenuto da un tubo, si affaccia come dal balcone del mondo, per cercare di vedere e capire qualcosa della realtà che lo circonda. “Lui rappresenta l’umanità che sempre vive questa condizione ambigua tra la drammaticità del presente e la voglia di evadere, vedere altre dimensioni”, spiega Fasso, “è un uomo meccanico del futuro, un piccolo astronauta. Si gioca sull’idea del rapporto tra verità e finzione, nel senso che sembrano delle polaroid ingrandite come se fossero viaggi immaginari, appunto in altre dimensioni, ma a ben guardare poi è tutto finto e sono solo ingrandimenti di oggetti quotidiani. Partivo un po’ dalla riflessione che faceva Baudrillard sulla realtà come simulacro, in cui noi nel mondo attuale abbiamo perso la percezione e la distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso, a maggior ragione adesso con l’intelligenza artificiale, che è quello a cui mi ero collegato nella mostra Digital Lies”.
Nei “quadretti senza titolo” 20×20 si rivede la straordinaria abilità sintetica di Fasso che fonde culture raccontando il mondo in pochi ma significativi tratti. “Ho sempre un forte senso di meraviglia nei confronti di tutta l’umanità, di tutte le culture e mi piacerebbe che l’arte anche portasse un messaggio di amore, di tolleranza, di rispetto per gli altri, magari attraverso piccoli simboli, richiami. Per esempio ognuno di questi quadri ha comunque un titolo che rimanda a una figura o a un personaggio, hanno un nome proprio e rappresentano le nostre ambiguità in tutte le loro sfaccettature. Dalla cultura persiana, ad Ariel come lo spirito di Shakespeare, fino ai personaggi giapponesi o africani”.
E il prossimo progetto sarà anche più inclusivo e benefico per il mondo.
“Sarà una mostra che si apre il 5 di settembre al Museo Salce di Treviso nella sede di Santa Margherita e si chiamerà Fantasmogoria Pacis, sarà una mostra sulla pace, in cui io presenterò delle opere digitali cioè la rielaborazione dei manifesti della collezione Salce. È una mostra che però poi farà un tour internazionale, a Maastricht, al Future Museum e poi al Ministero per le imprese tutto il mese di dicembre. Sarà la prima tappa di una mostra che sta diventando enorme, anche perché è fortemente evoluta dalla Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, con il suo presidente Antonio Calò, che ha proprio l’obiettivo di portare un messaggio di pace reale nel mondo. Per cui tutto quello che riusciremo a devolvere per aiutare lo faremo”.
martedì – domenica 10-17