Il nuovo film di Lucio Pellegrini, in sala dal 13 marzo, è un thriller psicologico che dissolve la distinzione tra ispirazione e manipolazione, tra desiderio e ossessione, tra arte e autodistruzione. Prodotto da Matteo Rovere e Sydney Sibilia, è una produzione Grøenlandia e Vision Distribution, in collaborazione con Sky. Una casa sul mare, fuori stagione. Carlo (Adriano Giannini) e Giada (Elodie) vivono isolati, immersi nelle loro ricerche creative. Lui scrittore in crisi, lei ballerina e coreografa. Poi arriva Peter Drago (Eduardo Scarpetta), e qualcosa si spezza.
Peter non ha bisogno di bussare. È il tipo di persona che cambia il corso delle cose semplicemente esistendo. Carlo ne è affascinato, Giada ne diffida. La tensione cresce nei dettagli: una pausa in una conversazione, uno sguardo troppo lungo, una porta socchiusa. Pellegrini costruisce un thriller psicologico che non segue regole classiche. Non ci sono omicidi né colpi di scena, solo una pressione costante che si insinua sotto pelle.

Il corpo è il centro del film. Giada cerca espressione nella danza, Carlo nel ritmo delle parole. Peter invece non crea: smonta, scompone, mette tutto in crisi. Il desiderio diventa bisogno, e il bisogno una minaccia. Fino a che punto si può spingere l’arte senza perdere se stessi? La casa con le sue vetrate immense non protegge, espone. Il mare d’inverno è un abisso, il vento un sussurro inquietante. Pellegrini usa suoni e spazi per costruire una gabbia invisibile. La regia alterna lentezza e scatti improvvisi, lasciando i personaggi in bilico.
Gioco Pericoloso, non dà risposte. Peter è manipolatore o vittima? Carlo e Giada combattono contro di lui o contro se stessi? E, alla fine, il gioco è ancora un gioco o è già diventato qualcosa di irreversibile?