Con la mostra «Fernando Botero/La grande mostra» al Palazzo Bonaparte, organizzata da Arthemisia fino al 19 gennaio 2025, l’Italia celebra uno degli artisti più amati e controversi del nostro tempo. Un omaggio grandioso, la prima mostra completa dell’artista colombiano in Italia, con 120 opere tra dipinti, acquerelli e sanguigne. Non è un caso che l’esposizione arrivi proprio ora, a pochi mesi dalla sua scomparsa avvenuta il 15 settembre 2023. La mostra, curata da Lina Botero, figlia dell’artista, e Cristina Carrillo de Albornoz, esperta dell’opera boteriana, rappresenta un’occasione unica per ripercorrere l’intero arco creativo del maestro.
Fernando Botero ha sempre suscitato reazioni contrastanti: da un lato amato per il suo stile inconfondibile, dall’altro criticato per una certa ripetitività nelle forme e nelle tematiche. Le sue figure corpulente, che diventeranno un tratto distintivo del suo lavoro, nascevano non tanto da un semplice gusto estetico, ma da una profonda meditazione sull’equilibrio tra massa e leggerezza, tra realtà e illusione.
In esposizione anche un’opera che per decenni si pensava perduta: una rilettura della Camera degli Sposi di Mantegna. Questa pittura, creata nel 1958, rappresenta il tributo a uno dei più grandi capolavori del Rinascimento italiano. Quando dipinse quest’opera, l’artista era ancora un giovane artista in cerca della sua voce, ma la sua interpretazione del cromatismo di Mantegna e la sua de-costruzione spaziale mostrano già la sua straordinaria capacità di reimmaginare la realtà. Questo dipinto, riscoperto grazie alla figlia Lina in una collezione privata di Miami, è un pezzo fondamentale per comprendere come il giovane Botero si sia formato osservando i grandi maestri del passato.
Ma c’è un altro Botero, meno conosciuto, che emerge potentemente in questa esposizione: quello politico. Cresciuto in una Colombia devastata dalla violenza, l’artista non poteva restare indifferente alle sofferenze del suo popolo. Negli anni ’90, iniziò a produrre opere che denunciavano i massacri e le atrocità compiute dai narcotrafficanti nel suo paese. La violenza, rappresentata attraverso corpi gonfiati e deformati, assume nei suoi quadri un tono grottesco e tragico allo stesso tempo. Questa sezione della mostra offre una rara occasione di vedere Botero come un testimone del suo tempo, capace di utilizzare la sua estetica apparentemente “giocosa” per parlare di temi profondamente seri e dolorosi.
Un altro episodio significativo della vita di Botero riguarda il suo coinvolgimento nel dibattito globale sui diritti umani. Nel 2004, dopo lo scandalo delle torture nella prigione di Abu Ghraib, in Iraq, Botero sentì il bisogno di intervenire attraverso la sua arte. Le fotografie che mostravano le atrocità commesse dai soldati americani e britannici lo colpirono profondamente, e il risultato furono una serie di dipinti che denunciavano la brutalità delle violenze. Nella sua opera, l’orrore viene trasfigurato, i corpi martoriati e umiliati diventano un potente simbolo della sofferenza umana, in una maniera che ricorda la famosa «Guernica» di Picasso. Botero, tuttavia, non copia mai, ma reinventa, utilizzando il suo stile per dare una forma unica alla tragedia.
La mostra a Palazzo Bonaparte, tuttavia, non si limita a questi aspetti politici e storici. Ritroviamo, ovviamente, anche le opere più celebri e amate dai suoi fan: dalla «Menina», un omaggio a Velázquez, alle interpretazioni di capolavori rinascimentali come il «Dittico» ispirato a Piero della Francesca e alla «Gioconda», qui vista attraverso gli occhi unici di Botero. Ogni opera sembra un atto di dialogo con la storia dell’arte, ma al contempo una dichiarazione d’indipendenza: Botero reinterpreta, riflette, ma non perde mai di vista la sua visione personale.
Botero non si è limitato alla pittura: anche le sue sculture occupano un posto di rilievo nella mostra. Enormi figure bronzee, dalla rotondità esagerata, dominano gli spazi del palazzo, creando un contrasto affascinante con l’architettura classica dell’edificio. Le sculture, così come i dipinti, sembrano sfidare le leggi della fisica, creando un mondo in cui il peso diventa leggerezza e l’eccesso diventa bellezza.