Trent’anni di carriera, due Grammy vinti e Marcus Miller è ancora al vertice, sfoggiando quelle straordinarie abilità funky di pizzicare e schiaffeggiare il basso che lo hanno reso un session player per artisti di tale calibro da essere riconosciuti solo dal nome: Dizzy, Herbie, Aretha, Beyoncé, Elton, Miles.
Soprattutto Miles. Negli anni ’80, Miller era il braccio destro musicale di Davis, arrangiando, scrivendo e suonando in album carichi di effetti che hanno segnato un’epoca, come Tutu, la cui traccia omonima Miller ripropone con colpi drammatici, resi ancora più suggestivi dalle luci che lo avvolgevano in un’inquietante nebbia rossa.
Sul palco dell’Auditorium della musica di Roma Ennio Morricone per il Roma Summer Fest è andato in scena uno spettacolo virtuosistico che ha soddisfatto i palati dei fan più accaniti. L’inizio è affidato a Panther del 1993, poi Febraury e Detroit Ad affiancarlo Donald Hayes al sax, Russell Gunn alla tromba, Xavier Gordon alle tastiere e Anwar Marshall alla batteria,
Miller, alto e slanciato con il suo caratteristico cappello nero pork pie, ha sostenuto il ritmo, ha diretto i musicisti, ha attraversato generi e stili. Ha eseguito gli assoli con tale melodia e sentimento da chiudere gli occhi, per poi lanciarsi in passaggi intricati e creativi.
Parte showman, parte sciamano musicale, Miller esige e ottiene il massimo dai suoi musicisti; in Mr Pastorius, un brano scritto in tributo al bassista jazz Jaco Pastorius, Gunn ha suonato la tromba come in un viaggio mistico, piegandosi sullo strumento e lasciando scaturire una singola nota, potente e struggente. E poi ricordo di Miles Davis.
Un altro momento saliente è stata una versione jazz-funk di Come Together dei Beatles. Introducendo Gorée, una canzone di pace ispirata dalla resilienza degli antenati, Miller ha parlato del nostro mondo frammentato, suonando un dolce clarinetto basso. La serata si è chiusa con Blast del 2007, lasciando il pubblico in un’estasi musicale.