Il nuovo film di Ken Loach, The Old Oak, racconta dell’insediamento di famiglie di rifugiati siriani in un villaggio sperduto nella Contea di Durham. Il film ruota intorno a Yara, una rifugiata siriana che fa anche la fotografa, e TJ, il proprietario di un pub a The Old Oak, che a malapena riesce a sbarcare il lunario. La loro amicizia e le loro relazioni non sempre facili con la gente che li circonda, provenienti da entrambe le comunità, rappresentano i principali motori della narrazione.
Da quasi sei decenni, Loach, mette al centro delle sue storie, i poveri, le persone più vulnerabili e ricattabili nel Regno Unito o a livello internazionale, ma anche la loro resilienza e la capacità di superare le avversità con una buona dose di umorismo. Ha realizzato film indimenticabili come Bread and Roses, I Daniel Blake e Sorry, I Missed you. E lo ha fatto rispettando sempre la dignità dei suoi soggetti, senza mai scivolare in caricature pigre o stereotipi grossolani.
Non poteva essere diverso in “The Old Oak”, nei cinema dal 16 novembre con Lucky Red, dove concede piena libertà ai personaggi di esprimere opinioni e pregiudizi scioccanti, pronunciati in uno stile naturalistico, forse improvvisato, incoraggiato dallo stesso Loach. Dall’ostilità e dall’aggressività che accoglie i primi arrivi siriani, alle successive chiacchierate al pub, l’odio e il risentimento viscerale di alcuni abitanti del villaggio verso i nuovi arrivati è convincente e spaventoso.
Eppure, non permette a questi atteggiamenti di rappresentare l’intera comunità ospitante. Tuttavia, l’ingrediente chiave dei film di Loach è la sua profonda comprensione della politica di classe. Nelle mani di un altro regista, questo film avrebbe potuto essere una semplice storia della classica lotta del bene contro il male, di poveri rifugiati in fuga dalla guerra e dalla povertà che si difendono da persone bianche razziste e xenofobe.
Ci sono personaggi vili, e altri personaggi confusi e deboli che li seguono. Ma Loach si premura di collocare l’intero conflitto nel contesto di una piccola comunità rovinata da decenni di neoliberismo (alias capitalismo) e austerità, deindustrializzata. Alcune famiglie nel villaggio fanno i conti con la fame. Sono intrappolate in una comunità in una regione disagiata del Regno Unito, un luogo dal quale è impossibile scappare a causa del crollo dei prezzi immobiliari. All’inizio del film, tre piccole case a schiera vengono acquistate all’asta da una società immobiliare per 8.000 sterline ciascuna, pronte per essere affittate a prezzi esorbitanti.
In una pentola a pressione dove i conflitti sociali sono pronti a esplodere, la cosa più semplice sarebbe stata mettere in scena una guerra tra poveri per spartirsi poche briciole a cui non sono disposte a farsi condannare. È compito dei due personaggi principali, TJ e Yara, cercare di non arrendersi ad uno scenario che sembra lasciare poco spazio alla solidarietà tra chi condivide lo stesso destino. Non si arrendono ai pregiudizi e si alleano per risolvere le difficoltà che la comunità nel suo complesso sta affrontando.
La situazione dei rifugiati siriani stessi, i loro orrori passati per mano del regime di Assad e il loro trauma , sono descritti con delicatezza ed empatia. Alcune scene del film sono commoventi. Merito anche della performance dei due protagonisti principali, Dave Turner nel ruolo di TJ ed Ebla Mari in quello di Yara, ma anche da una serie di personaggi di supporto, compresi quelli vili!