Volevo trattare la tematica della separazione e della migrazione, un tema molto legato al contesto sociale e comunitario cubano”. Abbiamo intervistato il regista Tommaso Santambrogio, che ha presentato il suo primo lungometraggio, nonché il film d’apertura in concorso alle Giornate degli Autori: Gli oceani sono i veri continenti.
“Il titolo è il verso finale di una poesia caraibica che parla di un addio”
“Ci dice che nonostante le distanze i grandi amori e i grandi sentimenti possono resistere”. E anche questo film d’esordio diretto da un giovane milanese, classe 1992, fa molto ben sperare. L’argomento trattato è appunto la migrazione sullo sfondo di una Cuba decadente, nel piccolo paese di San Antonio De Los Baños, si dipanano diverse storie: quelle dei giovani Alex e Edith, dell’anziana Milagros e dei bambini Frank e Alain.
“Volevo affrontare tempi della vita diversi come l’infanzia, la giovane età adulta e la vecchiaia– racconta-. Nella mia intenzione volevo cercare di catturare la realtà cubana contemporanea.Tutte le volte che ero venuto a Cuba avevo assistito personalmente a momenti anche traumatici di separazione. La prima volta che sono stato a Cuba avevo otto anni. Mi ricordo che, mentre mi avvicinavo ai controlli dell’aeroporto, assistetti a un abbraccio disperato e inseparabile-con profondi singhiozzi e lacrime- tra un padre e una figlia, la quale evidentemente aveva trovato il modo di lasciare l’isola e non ci avrebbe fatto più ritorno. Era un addio, una separazione, struggente e ingiusta quanto terribilmente quotidiana e comune nella società cubana, che oggi sta attraversando la più grave crisi migratoria della sua storia (quasi l’8% della popolazione ha lasciato il paese solo nell’ultimo anno e mezzo e il flusso è in costante crescita).
“E’ stato il posto che ha chiamato il film e ha chiamato me”
“Cuba è un posto che conosco molto bene in cui sono andato ciclicamente da quando ero piccolo. Per alcuni punti di vista è un po’ la mia seconda casa. Il tema dell’emigrazione è sempre più sentito e forte anche nel contesto urbano. Tutti sul set si sono sentiti particolarmente toccati da questo film che in qualche modo toccava la carne viva di Cuba”.
Perché hai scelto il bianco e nero? “Il bianco e nero mi ha permesso di levare la patina dell’immaginario collettivo occidentale per cui Cuba è tutta colori. Mi ha dato la possibilità di entrare in contatto maggiormente con i personaggi e le loro storie perché era questo che mi interessava”. E sui personaggi: “Sono tutti attori non professionisti. Edith lavora con materiale teatrale e fa la burattinaia, Alex è un performer e insegna teatro ai bambini, Milagros ha davvero avuto un rapporto con la guerra in Angola, in qualche modo tutti i personaggi interpretano loro stessi. Tutto quello che loro portano in scena è vita, ho usato materiale reale”.
Sul tempo dice: “Come disse Tarkovskij il cinema è l’arte per eccellenza che ti permette di percepire la durata. La percezione del tempo in qualche modo caratterizza lo spazio caraibico. Da certi punti di vista il tempo è fermo, da altri è molto vivo e lo puoi toccare quasi con mano. Una dicotomia che mi ha permesso di lavorare in modo interessante su un’ottica filmica”.
Infine conclude: “Ho voluto girare questo film appositamente nel periodo delle piogge, che lì sono una costante. Sono sempre più violente nel contesto caraibico. Ma lo stanno anche diventando sempre più anche in Italia. Volevo raccontare tramite la variabile climatica una differente faccia di Cuba e volevo enfatizzare che oltre al fenomeno sociale, politico e migratorio presente nel film anche l’elemento della natura”.
Il film, prodotto da Marica Stocchi e Gianluca Arcopinto per Rosamont con Rai Cinema in coproduzione con Cacha Films, uscirà in sala dal 31 agosto distribuito da Fandango.