Empire of Light di Sam Mendes, uno dei registi più prolifici della Gran Bretagna, soprattutto dopo 1917 , film che ha vinto premi a destra, sinistra, si avvale di un cast particolarmente bello, composto da Olivia Colman, Colin Firth e Michele Ward. Inizia come una dolce storia d’amore proibita sullo soffio della Gran Bretagna dei primi anni ’80 , tra le ombre del governo Thatcher, la disoccupazione altissima e le tensioni razziali.
Hilary (Colman) è la manager di un cinema a Margate, la cui vita scorre silenziosa tra il lavoro e poco altro. Va d’accordo con i suoi colleghi, ad eccezione del signor Ellis (Colin Firth), il capo con cui intercorrono solo rapporti sessuali. Quando alla squadra si aggiunge Stephen (Michael Ward), vincitore del Basta come star di domani, le giornate di Hilary improvvisamente cambiano. Tra i due nasce una sintonia che sfocia presto in una delicata storia d’amore.
Colman è, ancora una volta, fantastica. In Empire of Light ci regala una delle sue performance più toccanti, c’ è anche una gentilezza che non le è stato permesso di interpretare così spesso. La sua Hilary è così miseramente sola e triste, e non appena Stephen entra nella sua vita e i due iniziano una relazione segreta, lei si illumina. Desiderosi entrambi di fuggire da una cittadina provinciale in cui devono affrontare avversità quotidiane, Hilary e Stephen trovano un senso di appartenenza attraverso la loro improbabile e tenera relazione.Ma con Michael notevolmente più giovane e nero, arrivano i problemi. La storia d’amore cede cosi lentamente il passo alla questione razziale, a cui Mendes affianca la rappresentazione della salute mentale, creando un addensato di sottotrame che non si sviluppano però separatamente, ma si intrecciano in vari livelli narrativi. Non viene specificato di cosa soffra Hilary, e sebbene qualcuno menzioni la schizofrenia, i sintomi sembrano allinearsi più al disturbo bipolare che a qualsiasi altra cosa. Ma a Mendes interessa mostrare che la malattia mentale non deve essere più un tabù, bisogna avere il coraggio di parlarne perché c’è sempre una via d’uscita.
La crisi interiore, la sua, e la crisi esteriore, di lui – si scontrano nello stesso momento in cui condividono un legame e sperimentano il potere curativo della musica, del cinema e della comunità. In particolare l’amore di Mendes per il cinema ci viene raccontato attraverso il personaggio interpretato da Toby Jones, amico di Mendes fin dall’infanzia. Norman è un proiezionista e porta Stephen dietro il sipario per rivelargli come la magia della settimana arte, sul trucco che lo sfarfallio delle inquadrature esercita sugli occhi dello spettatore. Ma non è un film sulla magia del cinema, ha più volte Mendes: “L’arte può invece aiutarti a risalire quando ormai hai toccato il fondo”.
Empire of Light, arriva nei cinema dal 2 marzo