Le grandi ricette nei classici della letteratura. Da l’omelette alle erbe di Sostiene Pereira, alle quaglie en sarcophage del Pranzo di Babette, dal Christmas pudding di Joyce, alle melanzane all’amore di Márquez. La cucina, del resto, ha sempre avuto un ruolo rilevante nelle storie che abbiamo amato, anche perché fa parte integrante della vita e della cultura di ogni individuo e di ogni gruppo sociale. E quindi non può certo stupire che si sia ricavata un proprio spazio all’interno della grande letteratura: chi non ricorda il timballo di maccheroni del Gattopardo?
Oretta Bongarzoni, storica giornalista di Paese Sera scomparsa nel 1995,ha scritto un libro ripubblicato da minimum fax: si intitola Pranzi d’autore con le illustrazioni di Agnese Paglierini e la postfazione di Davide Orecchio (pagg. 122, euro 20). L’autrice ha costruito un elenco di ricette godibile e pieno di notazioni, che prende le mosse da una convinzione profonda: “A seconda dei casi e degli autori, la presenza del cibo nei libri è una forma del tempo e dello spazio, un piacere sostitutivo o complementare del piacere amoroso, un ricordo, un’allusione, un gesto dimostrativo; una delle tante funzioni del ritmo narrativo. Oppure: un dettaglio di vita quotidiana come tanti altri, un codice sociale, un segno (bello o brutto) del carattere dei personaggi, una dedizione, un’impazienza, una libertà.
Lo scopo di un libro di cucina è unico e inequivocabile. Non è concepibile che abbia scopo diverso da quello di accrescere la felicità del genere umano“.Ma la cucina, come parte integrante della vita e della cultura di ogni individuo e di ogni gruppo sociale, si è spesso ricavata un proprio spazio anche all’interno della grande letteratura.