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“Il canto delle cicale”, poesia (nel film) e tragedia (nelle rsa) al tempo del Covid

Luisa Gabbi by Luisa Gabbi
18 Giugno 2022
in Cinema
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“Il canto delle cicale”, poesia (nel film) e tragedia (nelle rsa) al tempo del Covid
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Autoritratto di madre con figlia è il nuovo film autobiografico della regista Marcella Piccinini, allieva di Marco Bellocchio, al Biografilm Festival nella sezione Concorso Italia.

Un racconto sussurrato e poetico sulla drammatica prova affrontata dalle due donne con la separazione dalla madre in rsa durante la pandemia, la sua morte, infine la decisione della denuncia.

Ha debuttato in anteprima assoluta al 18° Biografilm Festival Il canto delle cicale il nuovo documentario di Marcella Piccinini, autoritratto di madre con figlia. Scritto, diretto, montato e prodotto dalla stessa Piccinini e inserito nella sezione Concorso Biografilm Italia del festival, il film tratta in modo poetico del legame tra madre e figlia, più forte della forzata separazione subita durante il ricovero dell’anziana e poi il decesso nel periodo del lockdown. Un susseguirsi di emozioni, fatti, omissioni, un racconto sussurrato, ma una storia che ora vede una denuncia a carico della struttura per anziani.

“Sono successe cose gravi – dice Marcella Piccinini in conferenza stampa -. Ci sono due modalità per un documentario su una storia così: una di denuncia, una poetica, che è quella che ho scelto. Vorrei che potesse essere d’aiuto ad altre persone”. Una brutta storia capitata a una normalmente bella persona, Anna Maria. Una maestra alla don Milani, una donna colta, anziana, già sopravvissuta miracolosamente a un ictus, riportando conseguenze fisiche e sulla parola, accudita amorevolmente dalla figlia Marcella per sette anni, fino alla decisione del ricovero in rsa, nel Bolognese. E qui, complice il Covid, tutto precipita.

“Mia mamma si chiama Anna Maria. La nostra storia è solo una delle tante storie di persone che, durante la pandemia, hanno vissuto dentro bolle isolate.” Ci tiene a precisare Marcella: “Non è la storia delle RSA, non è la storia dei vecchi, dei disabili, o delle persone sfiorite. Perché quelle sono definizioni superficiali”. Si tratta di una delle tante “storie da rispettare e raccontare, cogliendone il valore, e da non dimenticare”.

“Non sanno le cicale perché all’improvviso smettono il loro canto. Né perché all’improvviso lo riprendono”. Le poesie del nonno di Marcella e padre di Anna Maria, Luciano De Giovanni, costellano il racconto sussurrato di “Il canto delle cicale” insieme a immagini della natura come luogo di bellezza e di senso della vita. Gli insetti sui fiori, la raccolta nell’orto, l’erba alta che ondeggia in campagna, oche incerte in campi nebbiosi, canti di uccelli, stambecchi sulla neve. Sulla voce narrante della stessa regista, scorrono vecchie foto, immagini super 8, riprese video di Anna Maria prima del ricovero.

Lo scorrere dei fatti, fuori e dentro la rsa, viene raccontato soprattutto dal susseguirsi dei messaggi telefonici di Marcella, che descrivono l’aggravarsi della situazione, il peggioramento dell’anziana e l’impressione una gestione sanitaria sfuggita di mano. Passano sulle immagini i vocali di incoraggiamento della cerchia amicale, come Gianni Sofri, per sostenere la resistenza morale e fisica di Anna Maria, che infine si ammala anche di Covid e muore. Tutto tenuto da “il filo che unisce la mamma con la figlia, vicine ma lontane, mute ma guerriere. Un racconto di rabbia e poesia” dice Marcella.

Perché le riprese di questa tragedia famigliare? Perché fare un film? “Ho dovuto trovare una strategia per sopravvivere”, dice Marcella Piccinini, che già con “Maminka” ha affrontato il tema del coma della madre.

“Non ho mai usato il racconto autobiografico e mai avrei pensato di farlo. Ma ho pensato che ho degli strumenti per raccontare” dichiara la Piccinini, talentuosa allieva di Marco Bellocchio, “un grande maestro, che ci ha insegnato la serietà del nostro lavoro”. E da qui il desiderio di poter far sentire la propria voce per altri che non possono farlo. “Con questo lavoro ho scoperto la mia voce, mi sono ascoltata”. La storia reale poi contempla anche un capitolo successivo, ancora in corso, una denuncia con “un procedimento penale nelle fasi preliminari”.

Ma il film il “Il canto delle cicale” soprattutto incrocia gli affetti più profondi, le memorie e le radici. La bellezza della natura e della poesia insegnata dal nonno: “Non sapevo che, un giorno, la bellezza che mi è stata insegnata sotto il castagno mi avrebbe dato la forza per continuare a vivere” dice Marcella Piccinini. Il ritrovare la madre e il rapporto con lei dopo il coma: “il risveglio dal coma di mia madre è stata la cosa più bella che ho visto in vita mia. Gli anni che abbiamo poi passato insieme sono stati strani, tragici, bellissimi”. Se ci può essere una consolazione, per la regista, è in un verso poetico, che parla di legami che non finiscono: “Tutti tornano dove si sono sentiti amati”.

Il film si è avvalso di collaborazioni molto preziose, ognuna delle quali ha lasciato il segno. Non ultima Dori Ghezzi per “le Nuvole” di De André che scorre sul finale, canzone preferita di Anna Maria. “Il canto delle cicale” è stato poi scritto insieme a Marianna Cappi, montato con la supervisione di Aline Hervé, le musiche sono di Marco Biscarini, prodotto con finanziamenti propri e di amici sostenitori. Diego Schiavo ha curato il suono. Il film vede anche la collaborazione di Home Movie per la parte dei materiali d’archivio e un contributo di Filando la rete per la post produzione.

Il film Il canto delle cicale sarà disponibile anche online su MYmovies.it, dal 19 al 22 giugno.

Informazioni

https://www.facebook.com/Il-canto-delle-cicala-115987301109804

 

 

 

Tags: Biografilm FestivalMalasanitàOspedale
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