Cos’è l’amore?
Come si diventa umani senza essere più burattini?
Chi raccoglie il nostro sangue e lo trasforma in vita, in dolcezza, in relazione?
Mi ci vorranno almeno altre 4-5 visioni di questo spettacolo per capirlo davvero fino in fondo. Non se ne dovrebbe nemmeno parlare, tantomeno scrivere.
“Enigma, Requiem per Pinocchio” in scena fino al 27 marzo al Teatro India è imperdibile. Di più, imprescindibile.
La voce di Mariangela Gualtieri è una scrittura che si fa carne, andrebbe solamente esperita su sè stessi. Come dice Silvia Calderoni, una delle protagoniste di questo ultimo lavoro del Teatro della Valdoca:
“Vorrei gridare al mondo che la scrittura di Mariangela, nasce viva, per quel luogo lì che è il teatro, è altissima ma è al tempo stesso pratica, è scritta col sudore, è trattata al pari di come i corpi si incastrano, è un miracolo che lei fa lavorando dentro di sè e togliendola proprio da sè stessa perchè tutti noi ne possiamo usufruire. E’ un lavoro di generosità e dolore insieme. Nasce per essere una scrittura che va detta con quegli incastri, per questo entra immediatamente dove deve entrare”.
Infatti. Colpisce dove deve colpire, si incastra con il tuo presente, ti abbranca e ti affonda e ti rivolta perchè tu non possa più farne a meno.
Al centro del proscenio uno spazio bianco macchiato di sangue (di chi?) su cui giace un Pinocchio bruciato. “Non si può essere di legno se la casa brucia” recita uno dei versi più importanti del testo.
Una Fatina, Chiara Bersani, è appoggiata alla lettiga funebre, rappresenta l’Anima, la Verità, l’Essenziale? Vive in una sorta di asincrono sincronizzato, rappresenta l’unica voce che udiamo, ma lei muove solo la bocca, la voce esce da un microfono posto al lato sinistro, da dove Mariangela incarna sè stessa e fa vibrare l’aria.
Tutto intorno stanno anche i suoni altri, i tamburi e la strumentazione tecnica, come le luci, che diventano parte integrante della performance quando i protagonisti si illuminano reciprocamente.
Sul fondo l’Enigma di Pinocchio – Silvia Calderoni – entra in scena spavaldamente, con passi rumorosi e larghi ma presto si accorge di non reggersi in piedi. Ci vuole un energumeno dolce, un Mangiafuoco – Matteo Ramponi – dotato di alto sentire per poterlo aiutare quanto meno a resistere al suo crollare costante.
Non c’è trama nè sincronismo perchè come dice il regista Cesare Ronconi “Non sono interessato a quel tipo di teatro, ma ad un uno dove tutto accade nello stesso momento e i corpi hanno un valore differente rispetto al teatro classico. Il teatro è una forma di vita, coinvolge il metabolismo, il sistema di relazioni, non mi pongo il problema di presente o passato, ogni attimo è la vita. Il selvatico del corpo deve contrapporsi al linguaggio, non è possibile proprio per me pensare ad un teatro solo linguistico. Mariangela con la poesia omette la narrazione e la consequenzialità che appunto non mi interessa, mi interessa uno spaesamento costante che si manifesta anche attraverso quello che non metto in scena”.
“La scommessa della poesia e di ogni arte è di appartenere al proprio tempo, all’intensità del tempo che ci è toccato vivere e però avere una preveggenza e non sfumare col tempo, penso ad artisti del passato che ancora ci nutrono e ci danno forza e da quella forza noi traiamo idee per dire il presente” dice la Gualtieri.
Un presente che sferza l’aria come un Pinocchio sperduto, un presente feroce che ti mette di fronte ai tuoi buchi neri, al tuo non aver capito nulla o poco di ciò che tu chiami vita.
“Cosa insegnarti se non l’amore?
- Ma che cos’è l’amore?
- Solo lo puoi sapere quando diventerai ciò che sta davanti a te
- Ora sei tu, qui davanti a me
- Diventa me! Diventa me!
- E dopo?
- Dopo diventa tutt’uno con quello che c’è
- Ma così non sarò mai nessuno
- Sì, questo è il meglio che ti può capitare”
“Che se non è amato l’umano ritorna nel niente da cui è venuto. Non cresce. Non ride. Non prende peso. Sta come assentato, fiore che non fiorisce, ritorna non nato”.
Un testo che che interseca epoche, corpi, animali, morte, atmosfere e finanche burattini, una scrittura alta, altra, altrove.
“Un tempo si credevano gli umani d’esser meglio degli altri, loro migliori di tutto il resto… ma adesso lo sappiamo. Non basta l’alto ragionamento…. ci sono grilli intelligentissimi, ci sono lumache pazientissime. Si può imparare da loro, non sei migliore.”
Per questi versi non ringrazierò mai abbastanza la Gualtieri.
La parola ridotta all’essenziale risuona attraverso la fisicità in scena che non ha bisogno dell’abbeccedario. Il corpo snello, quasi volatile e trasparente di Silvia Calderoni, grida più forte delle parole scritte e dette, ha tremori e piroette che la parola svilirebbe, la figura maschile di Mangiafuoco che rappresenta tutto il maschile della favola e anche del mondo ha in sè una così esuberante ma mai prepotente lingua muscolare che davvero non gli manca la voce. Il corpo di Chiara Bersani infine è in sè adulto e bambino, disabile e coraggioso, sfrontato e immensamente fragile, al tempo stesso invincibile nella sua sfrontatezza. Reso ancora più alieno dalla voce artificialmente modificata della Gualtieri, deformata ed arcaica, come fuoriuscisse da un antro di una Sibilla cui non si può non dare attenzione, una Cassandra finalmente ascoltata.
Un enigma sciolto vorrei dire per chi ha il cuore e l’orecchio per piangere e provare pietas, per sè, l’altro da sè e il mondo stesso.
Chi può non lo perda.
Roma, Teatro India, dal 19 al 27 marzo 2022, info e biglietti www.teatrodiroma.net
Ravenna, Teatro Alighieri, 9 e 10 aprile 2022, info e biglietti www.ravennateatro.com
Bologna, Arena del Sole, 14 e 15 aprile 2022, info e biglietti bologna.emiliaromagnateatro.com