L’ultimo sussurro creativo di David Bowie risuona nuovamente sul palcoscenico del Teatro Argentina. Dopo l’acclamato debutto italiano del 2023, Lazarus, opera rock scritta a quattro mani con il drammaturgo irlandese Enda Walsh, torna in scena a Roma dal 5 al 15 giugno 2025, per la regia di Valter Malosti.
Nato da un gesto artistico estremo e profondamente consapevole, Lazarus rappresenta l’epilogo visionario di un artista che ha sempre saputo anticipare i tempi, mescolando linguaggi e culture. Scritto durante la fase terminale della sua malattia, questo lavoro teatrale si lega indissolubilmente all’album Blackstar, pubblicato due giorni prima della morte dell’artista. Insieme, costituiscono un vero e proprio testamento estetico e spirituale di uno dei più iconici protagonisti della cultura popolare del Novecento.
Un’opera tra musica, teatro e metafisica
Ispirato al romanzo The Man Who Fell to Earth di Walter Tevis, già portato al cinema nel 1976 con Bowie protagonista, Lazarus riprende la parabola di Thomas Jerome Newton, alieno caduto sulla Terra e impossibilitato a farvi ritorno. Ma nella riscrittura di Bowie e Walsh, Newton è ormai un essere spezzato, relegato a un appartamento che è insieme spazio fisico e gabbia mentale, luogo di visioni, ricordi e presenze spettrali. Un uomo che non può morire, né vivere davvero.
In questa condizione di sospensione metafisica si colloca la drammaturgia musicale, che intreccia una selezione di brani storici di Bowie a quattro inediti scritti appositamente per lo spettacolo: un corpus musicale che funge da architettura emotiva, trasportando lo spettatore in una dimensione fluida tra sogno e allucinazione. Canzoni come Heroes, Life on Mars?, Changes, The Man Who Sold the World si rivelano, in questo contesto, più che mai attuali e dense di significato.

Manuel Agnelli è Newton: un’interpretazione intensa e spiazzante
Nel ruolo del protagonista, Manuel Agnelli – figura cardine della scena musicale italiana e frontman degli Afterhours – offre una prova intensa e stratificata, sospesa tra fragilità e carisma. Dopo aver ricevuto riconoscimenti come il David di Donatello e il Nastro d’Argento per le sue composizioni cinematografiche, e il Premio Amnesty International nel 2023 per il brano Severodoneskt, Agnelli si confronta qui con un personaggio che è al tempo stesso icona e relitto, santo laico e figura perduta.
Al suo fianco, la giovane e talentuosa Casadilego, vincitrice di X Factor Italia, che incarna con voce cristallina e presenza vibrante il controcanto poetico e visionario della partitura drammaturgica. Insieme, conducono lo spettatore in un viaggio emozionale in cui il dolore e la bellezza convivono in costante tensione.
Una produzione imponente per un’opera totale
La regia di Valter Malosti, che firma anche la versione italiana del testo, si avvale di una squadra artistica di primo livello: le scenografie di Nicolas Bovey, le luci di Cesare Accetta, i costumi di Gianluca Sbicca, le videoinstallazioni firmate da Luca Brinchi e Daniele Spanò. L’universo visivo si muove tra astrazione e perturbazione, mentre il progetto sonoro curato da GUP Alcaro – Premio Ubu 2023 – amplifica il respiro cosmico dell’opera.
Le coreografie di Michela Lucenti, la cura del movimento di Marco Angelilli, e la direzione vocale di Bruno De Franceschi contribuiscono alla realizzazione di uno spettacolo che aspira a farsi teatro totale, in cui musica, parola e corpo si fondono in una forma scenica che non conosce confini disciplinari.

Il cast e la band
Accanto ai due protagonisti, un cast di undici interpreti – tra cui Dario Battaglia, Camilla Nigro, Maurizio Camilli/Mauro Bernardi, Andrea De Luca, Noemi Grasso, Maria Lombardo, Giulia Mazzarino, Isacco Venturini, Carla Vukmirovic – e una live band di otto elementi tra i più noti del panorama musicale italiano: Laura Agnusdei (sassofoni), Jacopo Battaglia (batteria), Francesco Bucci (tromboni), Andrea Cauduro (tastiere addizionali), Davide Fasulo (piano e tastiere), Stefano Pilia (chitarra), Giacomo Rossetti (basso), Paolo Spaccamonti (chitarra). Le orchestrazioni e gli arrangiamenti originali sono di Henry Hey, già collaboratore di Bowie nella produzione originale newyorkese.
Un’eredità che resiste al tempo
Lazarus ha debuttato il 7 dicembre 2015 al New York Theatre Workshop, sancendo quella che sarebbe stata l’ultima apparizione pubblica di Bowie. Con questa nuova messinscena italiana, che si avvale della collaborazione di importanti istituzioni teatrali – ERT / Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino, Teatro di Napoli, LAC Lugano Arte e Cultura, Balletto Civile – l’opera conferma la sua natura di rituale contemporaneo, capace di parlare alle inquietudini del nostro presente.
Come scrive Malosti: «Di Bowie/Newton scompare il corpo, ma rimane in dono la qualità altissima dei suoi testi e l’energia che attraverso la sua musica ci salva e ci fa vibrare». È in questa vibrazione che Lazarus continua a vivere, oggi più che mai.