Anni 60. Siamo a Clerville. Una strada deserta di notte, un allarme che suona e poi auto della polizia che inseguono Diabolik, ladro privo di scrupoli e di cui nessuno conosce la vera identità. Intanto in città c’è grande attesa per l’arrivo di Lady Kant, affascinante ereditiera che porta con sé un famoso diamante rosa. Il gioiello, dal valore inestimabile, non sfugge all’attenzione di Diabolik che, nel tentativo di impadronirsene, rimane però ammaliato dal fascino irresistibile della donna.
Ma ora è la vita stessa del Re del Terrore a essere in pericolo: l’ispettore Ginko e la sua squadra hanno trovato finalmente il modo di stanarlo e questa volta Diabolik non potrà salvarsi da solo. La storia a fumetti intitolata L’arresto di Diabolik che racconta come il ladro e assassino abbia conosciuto la donna della sua vita, Eva Kant, diventa un film dei Manetti Bros, in sala dal 16 dicembre con Luca Marinelli. Miriam Leone e Valerio Mastandrea.
“Diabolik è la cosa più vicina al raggiungimento di un sogno per noi. Un sogno ottenuto negli anni attraverso, appunto, il lavoro, la pianificazione e la perseveranza”. I registi ricordano come da adolescenti e avidi lettori del fumetto discutevano di come avrebbero realizzato il film di Diabolik. “La strada che a noi sembrava ovvia, e che nessuno sembrava voler intraprendere, era la fedeltà alle suggestioni e ai temi offerti da questo straordinario e amato
fumetto”.
I Manetti bros raccontano di aver scritto in quattro semplici pagine, come avrebbero immaginato il film e di averle poi inviate a Mario Gomboli, l’erede artistico delle sorelle Giussani, le autrici del fumetto. La risposta è arrivata dopo pochissimo tempo con un messaggio che diceva: “ho dovuto aspettare più di trent’anni per leggere esattamente quelle pagine”.
Eppure nel tentativo di ricreare sul grande schermo l‘atmosfera tipica delle storie di Diabolik, I Manetti bros sono inciampati in più di qualche errore di sceneggiatura e messa in scena. Privo di ritmo e di tensione, i personaggi di Marinelli e Leone diventano la caricatura di se stessi con una recitazione farsesca piena zeppa di sguardi nel vuoto al limite dell’imbarazzo. L’unico credibile è Valerio Mastandrea, che riesce a interpretare con una certa naturalezza il personaggio di Ginko. Gli altri ruoli non escono dai confini dello stereotipo. Le scene sono spiegate con dialoghi didascalici che scandiscono i tempi morti di una trama più che prevedibile. Verso il finale, il distacco con lo spettatore si è ormai compiuto. Di originale rimane la colonna sonora dove spiccano i brani di Manuel Agnelli, al suo debutto solista con La Profondità Degli Abissi e Pam Pum Pam.