“Il silenzio grande” racconta la storia di una famiglia che in qualche modo somigliava alla mia, con un grande capofamiglia molto colto e molto noto, e accanto a lui sua moglie, la governante di sempre della casa e due figli ventenni”. Così Alessandro Gassmann presenta il suo nuovo film, in anteprima alla diciottesima edizione delle Giornate degli Autori e nelle sale dal 16 settembre. E’ una storia segnata da conflitti, equivoci, confronti, luci ombre, silenzi ed esplosioni di parole, risate e angosce di una famiglia tanto eccezionale quanto, nel suo intimo, caotica e disfunzionale, dove tutti parlano e nessuno veramente ascolta.
La regia regia netta, ottimo cast, e una sceneggiatura che si prende i suoi tempi per dare il giusto spessore alla narrazione, senza tuttavia mai perdere la presa su una vicenda che parla di legami familiari, di cambiamenti inevitabili, del tempo che passa, e lo facciamo alla metà degli anni Sessanta a Napoli, a Posillipo. Gassmann riesce a fare suo ed elevare il materiale della pièce teatrale scritta da Maurizio De Giovanni, e coglie in pieno le aspettative pressioni esercitate sulla famiglia nella nostra società.
Un grande e celebre scrittore di fama internazionale, Valerio Primic (Massimiliano Gallo) per motivi misteriosi è a corto di ispirazione e non scrive più libri da dieci anni per cui lui, sua moglie Rose (Margherita Buy) e i suoi due figli ventenni, Massimiliano e Adele, (rispettivamente Emanuele Linfatti e Antonia Fotaras) non potranno più permettersi di continuare a vivere nella splendida villa in cui abitano, un tempo lussuosa dimora, ora scricchiolante magione che sembra uscita da un racconto di fantasmi. La casa è stata messa in vendita da Rose per necessità. In particolare i figli e la moglie decidono di raccontare allo scrittore cose difficili: la ragazza gli rivela di essere incinta; il ragazzo, che si sente schiacciato da un padre che eccelle così straordinariamente in tutto, finisce col rivelargli la propria omosessualità e si sorprende quando scopre che il padre non si sconvolge e anzi avrebbe voluto che gliene avesse parlato prima.
Un’opera audace che imprime negli occhi e nelle orecchie una visione di un’epoca in cui, per dirla come il regista, “eravamo tutti più vicini, la parola, la comunicazione e il contatto erano molto più importanti mentre invece oggi si parla sempre meno perché si preferisce scrivere gli sms sui cellulari”.