Marco Bellocchio, che al Festival di Cannes ha appena ricevuto la Palma d’oro d’onore, presenta una storia totalmente autobiografica, intrecciando racconti personali al tema della follia e del suicidio. Con “Marx può aspettare”, nelle sale dal 15 luglio, il regista di “Pugni in tasca” consegna un documentario franco e rivelatore sulla sua famiglia – e soprattutto su se stesso – attraverso la storia di suo fratello gemello Camillo, che si è suicidato nel 1968 a soli 29 anni.
Quasi cinquanta anni dopo, Marco riunisce tutta la sua famiglia per un pranzo. Con i suoi familiari si interroga su Camillo. I fratelli. I nipoti. La sorella della fidanzata del tempo. Uno psichiatra. Un prete. Parlando con ognuno di loro, rievocando quegli anni e quei fatti, Marco ricostruisce i tasselli del passato, dando finalmente corpo a un fantasma con cui ha fatto i conti per tutta la vita.
Semplice nel concetto ma psicologicamente profondo, il film che ha ricevuto una meritata ovazione a Cannes, infonde una tristezza che è resa ancora più potente dal chiaro ma inespresso senso di colpa del regista.
“Una storia totalmente autobiografica, ma che vuole essere “universale” – spiega Bellocchio – (altrimenti che interesse potrebbe avere?) per almeno due motivi: una riflessione sul dolore dei sopravvissuti (eravamo abbastanza sani noi fratelli per sentire dolore?), ma soprattutto sulla volontà di nascondere la verità a nostra madre, convinti che altrimenti non avrebbe sopportato la tragedia”.
Il titolo è l’ultima frase che Camillo disse al regista l’ultima volta che si incontrarono. Perchè la sua morte avvenne in un anno “rivoluzionario”, il 1968. L’anno della contestazione, della libertà sessuale, del maggio francese, dell’invasione della Cecoslovacchia, ma tutte queste rivoluzioni passarono accanto alla vita del fratello di Bellocchio, non lo interessarono.
Il regista costruisce la narrazione del film in modo lineare, interviste con fratelli e cognati e conversazioni tra Marco e i suoi figli adulti, modificate in modo da fornire una sequenza cronologica degli eventi dall’infanzia fino alle conseguenze della tragica e prematura scomparsa di Camillo.
Per Marco, essendo il gemello di Camillo, il suicidio ha un significato metaforico elevato, un evento trafico che ha pesato molto sul lavoro del regista. Bellocchio non ha riserve ad ammettere le proprie responsabilità, né si chiude ai giudizi di coloro che intervista, il suo obiettivo è cercare di capire il suicidio di un fratello che pochi conoscevano veramente nella vita.
Anche se, naturalmente, finiamo per apprendere tanto su coloro che parlano di Camillo quanto sull’uomo stesso, ed è qui che “Marx può aspettare” è più toccante, l’elaborazione corale di un lutto. Un attento esame del rimpianto e dell’inafferrabilità della catarsi, il film è una bellissima opera di un artista che sta ancora spingendo ai limiti la propria capacità di introspezione.