Free Country, il film diretto da Christian Alvart, ha inaugurato la prima a Roma la prima edizione del Festival del Cinema Tedesco che si svolge dal 26 al 28 giugno 2021 alla Casa del Cinema di Roma. Il film arricchisce il desolato materiale poliziesco-drammatico con uno sfondo politico. Siamo nel 1992, pochi mesi dopo la caduta del muro di Berlino, con una Germania recentemente riunificata che lotta per ritrovare una propria identità nazionale. Il governo spedisce due detective fuori città: il cerebrale Patrick Stein (Trystan Pütter) dall’ovest, e il brutale Markus Bach (Felix Kramer, dall’est, per indagare la scomparsa di due adolescenti in una piccola città industriale al confine con la Polonia.
Entrambi arrivano in un posto che soffre enormemente dell’industrializzazione del dopoguerra: gli operai delle fabbriche scioperano, i lavoratori polacchi attraversano il confine per accettare un lavoro per un terzo della paga, e ogni giovane cerca una via d’uscita. Non passa molto tempo prima che i nostri investigatori trovino i corpi delle due ragazze – mutilate, violentate e torturate – solo per scoprire indizi di uno schema più ampio nella storia oscura della città. Alvart, che si è fatto le ossa con un decennio di solidi thriller nel suo paese d’origine dopo essere tornato dall’America con la coda tra le gambe dopo il suo flop fantascientifico Pandorum, qui mostra un’incredibile moderazione e padronanza del mezzo. Dalle riprese con i droni delle auto che si muovono lungo le strade di campagna fangose all’aspro oscurità dei neon dei bar locali, infonde l’ambientazione di Free Country con un appropriato senso di terrore apocalittico.
Le meccaniche della trama sono un po’ ingombranti da srotolare, come lo sono molti di questi thriller contorti. Ma la corruzione doventa palpabile attraverso gli sguardi degli avitanti , ed è intrigante sprofondare nel fango insieme ai nostri detective. Il marciume della città sembra penetrare nel cuore stesso del luogo, e Alvart si diverte a far passare al setaccio i nostri (anti)eroi per trovare la verità
Metà del villaggio non si fida di loro perché sono degli estranei e l’altra metà lo fa proprio perché quell’etichetta li libera da qualunque cosa stia accadendo dietro le quinte. Nessuno è irreprensibile. Free Country non è una storia di uomini buoni che combattono male, ma di personaggi decisamente antieroici che cercano di uscire dal decadimento morale e da un passato ingombrante con cui il loro paese fa fatica a riconciliarsi.