Una gioia inaudita, è questo che traspare dalla voce e dai volti dei protagonisti che hanno presentato la 36. edizione del Romaeuropa Festival, da sempre il punto più alto dell’avanguardia contemporanea in tutte le arti performative, che torna finalmente in presenza dal 14 settembre e fino al 21 novembre con 75 eventi, 187 repliche e 20 spazi urbani da occupare.
Un programma densissimo che riporta nella capitale sia coloro che non erano potuti venire lo scorso anno sia nuovi artisti che in questo anno e mezzo di pandemia hanno messo in cantiere nuovi spettacoli dedicati a questo momento riflessivo straordinariamente importante.
«Siamo chiamati ad un esercizio di equilibrismo e resilienza» – spiega il direttore Fabrizio Grifasi – «uno sforzo di adattamento dalla durata indefinita ma con il desiderio di farci trovare preparati per la prossima edizione del REf, il cui programma è già pronto pur nelle more dei cambiamenti che probabilmente saranno necessari. Siamo consapevoli di muoverci in un territorio di possibilità (perché nessuno sa con esattezza le condizioni nelle quali ci troveremo ad operare a settembre e tra l’inizio e la fine della nostra manifestazione che dura due mesi). Si tratta di una condizione eccezionale che spinge a una piena assunzione del concetto di rischio culturale e della necessità di adottare pienamente i linguaggi mutevoli e le modalità flessibili del contemporaneo per gestire una delle fasi più drammatiche delle nostre vite».
Il festival mantiene naturalmente il suo linguaggio multiculturale, inclusivo, paritario in cui ogni linguaggio e ogni genere, anche umano, viene rispettato. La bellezza di manifestazioni come questa è che ognuno trova il suo spazio, la sua collocazione e nell’immenso catalogo delle possibilità trova rispetto ideologico. Perfino i bambini.
“Il ritorno dei bambini con la sezione KIDS dal 6 al 21 novembre è per noi una grande gioia – continua Grifasi – un cuore pulsante nel quale crediamo fermamente fin dal primo giorno”.
Ci saranno grandi ritorni come quello della compagnia di danza di Emanuel Gat che dal 2013 non era più tornato a Roma, e presenterà una sorta di musical ispirato ai Tears for Fears, ritorna anche la Societas con la compagnia di danza di Claudia Castellucci insieme ai cantori del coro di san Pietrobugo, Dada Masilo o Israel Galvan.
Saranno celebrati anche i 90 anni del Maestro Bussotti e sarà reso omaggio a Ezio Bosso con la visione di materiali inediti appartenenti al grande musicista recentemente scomparso, il 14 novembre all’auditorium.
Tra i tanti “imperdibili” segnaliamo il 2 e il 3 Ottobre Trajal Harrel che con la sua ricerca sulla storia, la costruzione e l’interpretazione delle differenti forme della danza contemporanea declinata negli spazi performativi e nei musei di tutto il mondo, è oggi uno dei più importanti danzatori e coreografi americani.
Al Festival porterà “The Köln Concert”, le celebri note del concerto di Keith Jarrett accompagnano invece la seconda pièce di questa serata costruita da Harrell in piena pandemia e come risposta alle regole del distanziamento fisico sul palcoscenico. Pura devozione alla danza, la coreografia giustappone al “calore umano” che caratterizza il capolavoro d’improvvisazione registrato da Jarrett nel 1975, l’umanità delle danzatrici e dei danzatori (sette compreso Harrell) che abitano e animano la scena, in un’atmosfera delicata, profondamente poetica, lirica.
Come sempre contaminazione di generi è la parola chiave per comprendere la contemporaneità e quello di quest’anno, dopo le recenti vicende mondiali, è sicuramente il Festival della ripartenza e della nuova consapevolezza che lega l’umanità. Insieme siamo migliori e superiamo ogni cosa, col rispetto, l’inclusione, il dialogo.
L’apertura del box office, sul sito della Fondazione, sarà attivo dal 15 giugno, meglio saperlo per tempo perchè chiaramente gli ingressi saranno contingentati e probabilmente dimezzati, quindi prendiamoci per tempo!
Qui il programma completo
https://statics.romaeuropa.net/wp-content/uploads/2021/05/REf21-programma.pdf