Dopo anni passati all’estero come fotoreporter in ambito marino, Stefano Cigada cambia rotta e interroga l’arte del passato in “Frammenti”, mostra in corso fino al 15 marzo al Museo di Roma in Trastevere. Fotografa l’arte spezzata, fatta di membra monche e visi a metà, ma soprattutto indaga la luce che li illumina nel buio dei musei.
“L’ossessione con cui il nostro amateur conduce la sua ricerca si manifesta nella necessità di vistare più volte lo stesso luogo. – dice dice la curatrice Jill Silverman van Coenegrachts – Dopo anni ho finalmente capito che la sua opera non riguarda la scultura classica, ma la performance”.
La mostra presenta 21 accurate stampe che raccontano la ricerca di Stefano Cigada riguardo l’archeologia e le statue antiche, ponendo l’accento su ciò che manca. Predilige quei particolari delle statue antiche, che mettono in risalto le parti danneggiate, ferite ancora vive, quasi “carne viva”. In questo gioco di luci e ombre, di contrasto tra superfici levigatissime e marmi tornati pietra, resta l’impressione, di ciò che si può solo intuire, quasi inciso nero su nero.
La “ricerca dell’infinito nel frammento”, che accompagna lo sguardo di tutti i visitatori dei musei classici, è qui fissata in un preciso punto di vista. Cigada racconta: “Conosco statue ed orari in cui sono colpite dalla luce, con che incidenza arriva la luce secondo il calendario. Ad esempio alla Centrale Montemartini il 27 di settembre una delle mie statue preferite, il guerriero morente del tempio di Apollo Sosiano, è accarezzata per dieci minuti da un raggio di sole. Una settimana prima e una settimana dopo il sole passa oltre, e la fotografia è inutile. Solo durante quei dieci minuti succede qualcosa di magico. E quelli sono i miei dieci minuti, quelli che voglio acciuffare”.
Quasi come meridiane che segnano il tempo della vita che scorre, divinità, animali, guerrieri, atleti, ninfe, si consegnano alla visione dello spettatore.
Se nelle parole della curatrice Silverman van Coenegrachts Stefano Cigada è definito un amateur, occorre riandare al British Conceptual Artists Art and Language per coglierne il significato. Ha scritto il BCA in diverse occasioni: “Vogliamo essere dilettanti, perché la qualità che rende interessante un amateur è la sua vulnerabilità, l’apertura di pensiero verso l’argomento in questione. L’amateur affronta il lavoro senza pregiudizi, con occhi spalancati e mente priva di preconcetti. Partendo da questo, con un po’ di fortuna, realizza qualcosa di completamente nuovo”.