Lo avevamo lasciato lì, alla sua seconda carriera di scrittore condita da un ennesimo trionfo, vale a dire quell’Oscar che è stato assegnato al “suo” miglior cortometraggio animato del 2018 e che avevamo salutato con un articolo (https://thespot.news/2018/03/14/dear-basketball-a-bryant-un-oscar-per-un-sogno/)
Quel film, dal titolo “Dear basketball”, aveva animato per il cinema le parole dell’ex campione del basket Nba, quando Kobe Bryant nel 2015 nel congedarsi dallo sport giocato, aveva scritto una lettera di addio alla pallacanestro ripercorrendo la sua vita, dai sogni d’infanzia passando per i sacrifici fino ai successi.
Tanti, straordinari.
Di fatto, parliamo di un fuoriclasse che ha scritto pagine indimenticabili di basket, ispirando generazioni di atleti: Le Bron James l’ha definito “Uno dei più grandi di tutti i tempi”, al di là dei due anelli olimpici conquistati e dei 5 titoli Nba e di tutto il resto.
Credo sia difficile che qualcuno, perlomeno di chi legge un articolo come questo, non sappia chi fosse: per darne un’idea – appena accennata – del campione sportivo che è stato, vale la pena ricordare che la NBA, la lega basket statunitense, per lui – e solo per lui – ha permesso di far ritirare all’epoca non una ma ben due maglie della sua squadra di sempre i Los Angeles Lakers, ossia la 24 e la 8.
E’ stato uno dei giocatori più vincenti e amati e molte delle stelle della pallacanestro di oggi sono cresciute con il suo mito e con la sua canotta gialloviola addosso. E non a caso, in questo “giorno tragico” come lo ha definito Scottie Pippen, ex stella dei Bulls più volte avversario in scontri epici, a rendere omaggio a Black Mamba in queste ore dopo la tragedia aerea – costata la vita anche ad una delle sue tre figlie, Gianna, proprio in uno spostamento per andarla a portare a giocare a basket, sport dove anch’essa eccelleva – tutti i campioni e i media mondiali hanno voluto portare un ricordo, rendere una testimonianza.
Da Michael Jordan, che lo ha ricordato come “un fratello minore e un fiero avversario”, fino al bellissimo saluto firmato da Bill Plaschke, editorialista del LA Times ripreso dalla Gazzetta.it : “Kobe Bryant se n’è andato e queste sono le più difficili parole che mi sia mai toccato scrivere per questo giornale, fatico a crederci proprio mentre le scrivo. Sto ancora piangendo, lasciatevi andare anche voi. Non siate imbarazzati, piangete con me, gridate e andate a riempire con il vostro dolore le strade di una Los Angeles che si è svuotata di colpo”.
Plaschke dà la giusta enfasi ad una tragica notizia, mista all’incredulità, che ha atterrito tutti gli appassionati del pianeta: da chi chiede di sospendere la stagione NBA a chi, come Tyler Herro, rookie dei Miami Heat, propone a tutte le franchigie di ritirare la maglia numero 24.
Di lui in un video messaggio, un altro campionissimo losangelino, Kareem Abdul Jabbar ha detto: “Tutti ricorderanno Kobe per l’atleta fantastico che è stato e che ha ispirato intere generazioni; ma io voglio ricordare l’uomo che è stato molto più che un giocatore“.
Questo anche perché, archiviato il basket giocato, tra i suoi mille impegni, Kobe non ha mai smesso di andare a salutare i ragazzini ai camp, per ribadire quanto amore aveva per il suo gioco: ai piccoli ripeteva che ogni sogno è possibile proprio perché sentiva l’importanza di condividere la sua passione di sempre con le generazioni future, provando particolare piacere nel raccontare il suo esempio.
Chi lo ha diretto dietro la macchina da presa, ha scritto di lui che il suo più grande vantaggio non era la sua abilità atletica, ma “la sua capacità di imparare”.
Un anno fa, nella notte in cui gli è stato assegnato l’Oscar aveva detto – proprio usando la sua seconda lingua, l’italiano in omaggio ai suoi trascorsi giovanili – che: “Come un bambino di sei anni profondamente innamorato di te non ho mai visto la fine del tunnel. Ho visto solo me stesso rimanere a corto di tempo”.
Parafrasando le tue frasi, caro Kobe, hai permesso a migliaia di bambini di sognare e di trarre ispirazione dal tuo esempio e per questo non smetteremo di amarti. Come dicevi tu, resterai per sempre quel ragazzo con le calze arrotolate, bidone della spazzatura nell’angolo: 5 secondi sul cronometro, palla nelle tue mani: 5 … 4 … 3 … 2 … 1… ciuf!
Caro basket, come avrebbe scritto Bryant, ricordatelo: gli uomini vanno e vengono ma le leggende restano per sempre.
Love you always, Kobe.
“Dear basketball” è visibile sul sito:
http://believeentertainmentgroup.com/portfolio-item/dear-basketball/