C’è un modo per arginare il riscaldamento globale, ed è la riforestazione.“Servirebbero mille miliardi di alberi. Non è affatto un numero strepitoso. La sola Etiopia ha piantato in un giorno 353 milioni di alberi”. Lo afferma il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso. Lancia l’appello a pochi giorni dalla notizia dello scioglimento dei ghiacci in Groenlandia, quando incontra sull’Appennino tosco-emiliano uno dei tanti pubblici che lo stanno seguendo in giro per l’Italia e il mondo. E se tutte le nazioni facessero la loro parte? E l’Italia la sua?
Mancuso propone una visione non antropocentrica dell’esistenza, che abbracci tutti gli esseri viventi. A questo pensiero ha dato un taglio “politico” nel suo recente libro “La nazione delle piante”, in cui formula una Costituzione per tutti i viventi, esseri umani, animali, piante. Pensiero che è anche una mostra immersiva in corso alla Triennale di Milano ed aperta fino al 1° settembre 2019.
Ciò che Stefano Mancuso sta generando, con i suoi libri e le sue conferenze, è una progressiva consapevolezza della responsabilità dell’uomo per le sue stesse sorti, oltre a quelle del Pianeta. “La nostra vita dipende dalle piante. La vita del pianeta dipende dalle piante. Ma sulle piante c’è un problema cognitivo”, afferma. Se non ci fosse un problema cognitivo, non starebbe andando avanti la deforestazione dell’Amazzonia, area verde che, da sola, determina il clima del mondo.
Cinquantaquattro anni, professore all’Università di Firenze e ordinario dell’Accademia dei Georgofili, inserito dal New Yorker nella classifica dei “world changers”, Mancuso è un autorevole esponente della neurobiologia vegetale. Scienza recente e dibattuta, la neurobiologia vegetale riconosce alle piante la capacità di ricevere segnali dall’ambiente circostante, rielaborare le informazioni e calcolare le soluzioni adatte alla propria sopravvivenza. A Firenze il Livn Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale e nel 2014 ha fondato Pnat, una startup dell’Università di Firenze per la creazione di tecnologia ispirata dalle piante.
Il dono di saper tradurre la scienza ai più consente che i suoi messaggi viaggino e vadano a segno. Mostra la foto scattata dalla luna il 24 dicembre 1968 che molti abbiamo sul cellulare, l’Alba della terra: “Il verde, il bianco e il blu di questo pianeta meraviglioso, l’unico su cui c’è vita, sono legati alle piante. La nostra vita dipende dalle piante”. Le piante che, sopra la terra e nel mare, attraverso la luce permettono la fotosintesi, fissare l’anidride carbonica e produrre ossigeno, ciò che permette la vita. Ce lo hanno insegnato alle elementari, lo abbiamo dimenticato.
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“Si chiama riscaldamento globale, non cambiamento climatico – precisa Mancuso – che è un’espressione americana per sminuire quello che sta accadendo. Riscaldamento globale, ed è in grado di estinguere la nostra specie in un battito di ciglia”. E dopo? “La vita continuerà, senza di noi”.
Per cambiare, l’uomo deve ridimensionare la propria presunzione e superbia come specie. “La natura sono le piante. Tutto il resto è marginale – spiega il professore -. Noi animali rappresentiamo lo 0,3 % di quello che è vivo, le piante l’85%, il resto sono funghi e microrganismi. Davvero possiamo pensare che solo lo 0,3% della vita sia intelligente o risolva problemi?”. Sopravvalutiamo insomma la nostra razionalità, “che ha una capacità di calcolo del cervello di 300 bit al secondo, mentre riceve 5 mld di bit attraverso i sensi”.
“L’idea di essere meglio è una delle idee più gravide e pericolose che l’uomo abbia mai prodotto”. Siamo una specie, continua Mancuso, che si autodefinisce “Homo sapiens sapiens”, due volte sapiens, ed esiste da 300 mila anni, quando per tutte le altre specie la media è di 5 milioni di anni.
“Quale specie distrugge l’ambiente in cui vive? Il nostro ruolo non è di essere padroni, ma di una specie insieme alle altre. Tutti gli altri comportamenti, che abbiamo adottato finora, sono stupidi”.
“La nazione delle piante”, oltre a spiegare in modo semplice e divulgativo il comportamento dei vegetali, Mancuso declina una “Carta dei diritti delle piante” che è Carta fondamentale dei diritti di tutti i viventi. Otto articoli, il primo dei quali recita: “La Terra è la casa comune della vita. La sovranità appartiene a ogni essere vivente”.
Una Carta universale e democratica, che non conosce gerarchie, riconosce diritti delle generazioni future di tutte le specie, difende il diritto ad acqua, suolo e atmosfera puliti, non riconosce confini.
Non tutto è perduto, ma solo se l’uomo decide di cambiare. Una nuova consapevolezza si sta gradualmente affermando, afferma il professore. “Stiamo comprendendo che quello che sta avvenendo è conseguenza dei nostri comportamenti”, occorre continuare su questa strada. Lui a divulgare, noi a cercare di convincerci che dobbiamo cambiare. E allearci con le piante, nostro ossigeno quotidiano.
© Fotografie di UMS riferite all’incontro avvenuto il 6 agosto 2019 alla Centrale idroelettrica di Ligonchio per il Centenario della costruzione