Con un nucleo di performance, un museo tra gli stand, un invito ai galleristi a selezionare le proprie opere, un off solido, ArteFiera, 1-4 febbraio 2019 a Bologna, la più antica fiera di mercato d’arte in Italia, sembra aver preso la rincorsa, con questa edizione, per un ritorno in grande sulla scena italiana.
Con soli sei mesi di tempo per metterla in piedi, il nuovo direttore Simone Menegoi, ha potuto già sabato tirare un primo bilancio positivo, premiato da una qualificata e incuriosita folla: “Credo che siamo partiti con il piede giusto – ha detto a TheSpot.news – un primo passo nella direzione giusta. La fiera ha un aspetto diverso, più elegante, più rarefatto, se mi posso permettere di dirlo. I visitatori sono contenti, la stampa ci ha premiati e i galleristi cominciano a parlarmi di vendite anche importanti, quindi posso ritenermi soddisfatto“.
Menegoi si è fatto apprezzare subito per il serio lavoro e l’aver portato a termine un’edizione dignitosa e promettente. Consapevole di avere tempi impossibili, ha scelto di puntare a un “less is more”, ripulendo l’esposizione secondo alcune linee guida. Per esempio ha invitato i galleristi a portare tre o al massimo sei artisti per grandi stand, premiando chi ne avrebbe esposto uno solo. Non solo, in definitiva, una scelta organizzativa ma una indicazione “curatoriale”, che è l’orizzonte dentro al quale pare muoversi il neo direttore.
In generale la proposta ha consentito, soprattutto nell’arte contemporanea, di guardare agli artisti più recenti o emergenti con più prospettiva, fino a raggiungere risultati espositivi notevoli, come nel caso di Spirale di Milano, che ha presentato al padiglione 26 una monografia spaziale di Giosetta Fioroni, da godere su divanetti Chester color argento. Oppure nel caso di Studio Sales di Norberto Ruggeri, con l’ottimo Flavio Favelli che reinterpreta insegne e specchi, ovvero la recente modernità, e che ha forgiato anche da vecchi mobili un “luogo di transito” all’ingresso della fiera, dal titolo Hic et Nunc.
Due le sezioni su cui si è sviluppata ArteFiera che ha occupato due padiglioni. La sezione principale, dal Moderno e dall’arte postbellica, fino al contemporaneo di ricerca, con 128 espositori, e la nuova sezione Fotografia e Immagini in movimento, con 18 espositori.
La prima sezione ha visto storici galleristi sfoderare monumenti da togliere il fiato. Basti pensare al gigante Mazzoli, sull’asse Modena-Berlino, e che con nonchalance espone enormi Schifano e Paladino, così come Tornabuoni espone le ninfee di Schifano e Lucio Fontana, e non mancano Alighiero Boetti, Nunzio, Emilio ISgrò, Melotti, le pennellate oro e bianche di Carla Accardi da Lampertico, Ontani di cui sono esposte varie opere tra cui Tarzan, 1967, da Labs. Il Novecento storicizzato, soprattutto la Transavanguardia, è presente e potente, al punto da sembrare eterno e non sostituibile.
Dalla forza della sua esperienza, Emilio Mazzoli la vede diversamente: “C’è un divenire in tutto, basta vivere con onestà il contemporaneo, in tutti i periodi qualche monumento c’è sempre”. E in questo periodo, di grande azzeramento, continua il gallerista, può accadere di tutto. E’ questo il bello.
Giovani contemporanei, artisti della nostra epoca, trentenni di talento non mancano. Ci sono quelli con grande qualità pittorica, come l’artista cubano che vive a New York, Ariel Cabrera Montejo, proposto da Mazzoli, che parte da vecchie fotografie per ingannare l’occhio quasi da impressionista, oppure la notevole Nazzarena Poli Maramotti esposta da A+B che richiama con macchie astratte i capolavori senza riprodurli.
Oppure ci sono discorsi materici, seguendo percorsi interiori, ma con effetti di una certa meraviglia nei fiori di ossa di pesce e negli arabeschi con capelli di Tamara Ferioli (a Officina dell’Immagine), nei totem di frammenti di minerali di Alberto Scodro (Una+Car Ddre), negli specchi pungenti come spine di Silvia Giambrone.
Immagini dalla mostra a cura di UMS
La seconda sezione della fiera, Fotografia e Immagini in movimento, ha visto esprimere alcuni dei nomi più importanti della scena italiana. Tra i maestri c’è Massimo Vitali su cui Mazzoleni ha costruito un progetto dedicandogli uno specifico solo showcon la serie di spiagge realizzata per le Monde e c’è Mimmo Jodice. Poi ci sono Paola De Pietri con le atmosfere padane o i temporali da Anselmo Peola, Luca Lupi con i suoi minimali orizzonti, Paola Di Bello concettuale da Bianconi, Domingo Milella unico artista di Doppelgaenger, Alessandra Spranzi da P420… Un progetto su cui merita forse di essere sviluppata la riflessione, visto che la fotografia è definitivamente consacrata nel campo dell’arte e appare fuori sezione in varie gallerie, come testimoniano da De Cardenas gli scatti di Thomas Struth, peraltro esposto alla Fondazione Mast, l’ampio spazio riservato a Paolo Gioli dalla galleria l’Elefante oppure il ruolo della fotografia nelle opere di Liu Bolin da BoXart.
Presente anche nelle scelte dei galleristi con artisti come Davide Benati (Bonioni Arte) e Franco Guerzoni (Mazzoli), o con le atmosfere fredde e post-industriali di Andrea Chiesi (Guidi e Schoen), il territorio emiliano-romagnolo porta il meglio delle proprie collezioni pubbliche e private in una sorta di museo nella fiera, “Solo figura e sfondo”, curato da Daniele Ferri e patrocinato dalla Regione Emilia-Romagna, che rappresenta una importante e corale novità ideata da Menegoi. Due obiettivi, da un lato far conoscere ciò che questa terra esprime e raccoglie, dall’altro rafforzare il rapporto con chi fa del dialogo con l’arte e gli artisti la propria missione pubblica. Non mancano in queste sale, gli artisti emiliano-romagnoli più famosi, tra cui Luigi Ghirri, con vari pezzi, e Claudio Parmiggiani, di cui la Collezione Maramotti espone quattro Delocazioni.
La città di Bologna intanto ha partecipato e accompagnato la fiera mercato con Art City, appuntamenti e mostre che continuano oltre l’evento fieristico, ma non finisce qui. Con il MAMbo, diretto da Lorenzo Balbi, ArteFiera prevede, come ha dichiarato Menegoi a Exibart, una collaborazione intensa per rafforzare le proposte artistiche e l’identità cittadina nel segno della contemporaneità.
Infine, nonostante tra i primi espositori, la galleria Umberto Di Marino proponga l’arte provocatoria di Jota Castro, il quale cita Cacciari (“chi non si indigna nella situazione in cui ci troviamo è un pezzo di merda”) per accompagnare la sua opera sul Ventunesimo secolo, per il resto non si può certo dire che l’arte più richiesta al momento sia quella impegnata. D’altra parte se la società stessa non è impegnata, difficilmente lo sarà l’arte che questa sceglie di mettersi in casa. A parte alcuni pezzi vintage del ’68, c’è solo qualche testimonianza sparsa e che abbiamo cercato di rintracciare, come Gaza Parkour di Antonio Ottomanelli da Kmg, o gli Hard games messi in scena da Afra Canali di Kanalidarte con Aldo Mondino, Antonio Riello e Jean Tinguely. Per un poco di inquietudine sociale bisogna cercare Kinki Texas.
Qualche segnale arriva da fuori, per esempio a Palazzo Pallavicini, dove si è tenuta la Setup, Contemporary Artfair 2019 con tema “Itaca”, dove si potevano trovare espressioni di street art, che oggi sta vivendo le trasformazioni più interessanti nel campo dell’arte. Un riverbero delle contraddizioni sociali si potevano leggere in NemO’s esposto da Magazzeno Art Gallery o in Alex Fakso esposto da Vicolo Folletto che segue diversi artisti in questo campo, molto seguito soprattutto a Bologna.
Per chiudere, incoraggiamento a continuare con le performance che per Bologna sono un bel ritorno; progetti di Alex Cecchetti, Cesare Pietroiusti, Nico Vascellari, Cristian Chironi su una mitica 127 special.