Va in archivio con la vittoria di Nole e Naomi una delle edizioni più sorprendenti degli Australian Open. Primo perchè non era mai accaduto che entrambi i vincitori dell’utimo slam si ripetessero anche in quello successivo – il serbo e la giapponese hanno trionfato anche agli US Open – poi perchè Nadal che non vince nemmeno un set in una finale forse era successo quando giocava juniores e terzo perchè forse è lo Slam che segna definitivamente il cambio della guardia con il giovane Stefanos Tsitsipas ad infilarsi tra i nuovi big.
E’ anche l’edizione che ricorderemo per l’epica battaglia tra Andy Murray e Roberto Bautista Agut, finita al 5. set, con Andy ormai in lacrime perchè forse è questa la sua ultima presenza in un torneo dello Slam prima di ritirarsi complice i suoi drammi all’anca.
In campo femminile invece abbiamo assistito all’irresistibile ascesa di Naomi Osaka, che con le sue candide interviste fuori e dentro il campo ha saputo affascinare tutti, ma soprattutto ha sfoderato un tennis davvero di livello incredibile per la sua giovane età. In questo dico che grandissimo merito ha il cuo coaching staff, ovvero quel Sascha Bajin che già aveva portato ai trionfi Serena Williams, Victoria Azarenka, Sloane Stephens e Caroline Wozniacki. Sotto la sua guida non solo ha vinto 2 Slam, ma sta dimostrando una continuità e una maturità tattica encomiabile per una ragazzina affacciatasi così da poco nell’Olimpo.
La finale con Petra Kvitova è stata una delle più belle partite di tennis che abbiamo visto da molto tempo a questa parte.
Partita dove ogni colpo è stato come se fosse l’ultimo, conclusasi con un 7-6, 5-7, 6-4 a favore della giappoamericana. Abbiamo anche assistito alla resurrezione definitiva di Petra Kvitova, dimagrita, in forma, positiva e, con un infortunio alla mano ormai da mettere tra i ricordi. Una giocatrice così non può che fare bene al tennis.
Nel torneo maschile comunque le vere sorprese sono state la sconfitta di Federer per mano di Tsitsipas e la distruzione di Nadal in finale. Roger aveva affrontato il giovane greco qualche settimana prima alla Hopman Cup e lo aveva tranquillamente battuto per 7-6 7-6, mostrando lampi di gran tennis, senza cedimenti. Figuriamoci se il grande campione avrebbe potuto cedere sul suo terreno preferito, quel cemento australiano che lo aveva visto trionfare nelle ultime due edizioni del 2017 e 2018.
E invece. Com’è strano il tennis. Di fronte allo spavaldo giovanotto Roger comincia benissimo andando a chiudere al tie break, sembra la fotocopia di ciò che accadde qualche giorno prima.
E poi? Poi Stefanos capisce che tanto non ha davvero più nulla da perdere e comincia a macinare un punto dopo l’altro instillando in Roger qualche dubbio, lo fa correre il ragazzino e alla fine lo mette all’angolo, complici anche i molti errori dello svizzero. Finisce 6-7, 7-6, 7-5, 7-6 un’epica battaglia che chiude anche a 17 la striscia vincente di Roger. Sempre signore, sempre elegante anche nella sconfitta. Ha ricordato molto quando Pete Sampras venne sconfitto proprio da Roger nel 2001 a Wimbledon, quando un Roger appena 20enne, come Stefanos, eliminava al quarto turno il re dell’erba.
Corsi e ricorsi della storia che solo il tempo ci dirà quanto veritieri o meno.