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L’umanità rivelata di Lisetta Carmi

Luisa Gabbi by Luisa Gabbi
21 Novembre 2018
in Cultura
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L’umanità rivelata di Lisetta Carmi
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Dai camalli e dai travestiti di Genova ai poveri del mondo, a Ezra Pound

esposte le opere della fotografa e musicista, libera e anticonformista

al Museo di Roma in Trastevere nella mostra “La bellezza della verità” 

Dai travestiti di Genova e i camalli del porto ai poveri del mondo, dalla profonda Sicilia al ritratto di Ezra Pound, con un titolo coraggioso come “La bellezza della verità” la Capitale omaggia Lisetta Carmi, monumento vivente della fotografia italiana, in una mostra antologica al Museo di Roma in Trastevere.“Ho fotografato per capire” è la citazione che funge da chiave interpretativa e certo la vita di Lisetta Carmi può essere letta come una costante ricerca attorno alla condizione umana.

Dalla bellissima videointervista rilasciata al curatore della mostra, Giovanni Battista Marini, Carmi ci appare come “una ragazza con la Leica” ora novantaquattrenne, che ha attraversato il XX Secolo con grande libertà di pensiero e autonomia dello sguardo.

“La bellezza della verità”, 170 fotografie, diverse inedite,  si sviluppa per sezioni con approfondimento su tre nuclei concepiti per la pubblicazione: Metropolitain del 1965 sulla metro di Parigi con scritti di Alain Robbe-Grillet, il reportage I Travestiti del 1972 ma iniziato nel 1965 e Acque di Sicilia del 1977 con testi di Leonardo Sciascia.

Fotogallery di Ums (clicca sulle immagini per ingrandirle)

Allestimento mostra Carmi
Video mostra Carmi
Leica e nikon mostra Carmi

Ebrea vittima delle leggi razziali, anticonformista e vicina agli ultimi per natura e per esperienza, Carmi ha dedicato alla fotografia una delle sei vite che ha vissuto: è stata infatti pianista e concertista di successo, fotografa attratta dall’anticonformismo e da chi è schiacciato dal potere, fondatrice di un hashram in Puglia dove vive da 47 anni dopo aver conosciuto in India il baba Babji,  poi è tornata alla filosofia e alla musica con Paolo Ferrari, quindi ha scelto la scrittura cinese e la libertà. Ora una sesta vita, aiutare i bambini, “unici maestri”.

Il bianco e nero delle sue immagini è rigoroso e copre l’arco temporale che va dagli anni Sessanta agli Ottanta. Il racconto di Lisetta è utile  a confrontarsi con quelle immagini potenti che si imprimono sulla retina e ci dicono come siamo stati o come va il mondo.

Dietro ai progetti, molta cura e preparazione; ogni scatto, su pellicola, arrivava da un processo interiore, da una domanda, “Io volevo dire una cosa, facevo una fotografia”.

Più che empatia  (“quando scattavo fotografie osservavo quello che c’era sempre con molto distacco”), che pure c’è stata come scelta di campo, l’obiettivo di Carmi porta alla luce l’umanità dei suoi soggetti, con una forza capace di infrangere ogni pregiudizio.

Ne sono prova i suoi progetti più noti, realizzati nella sua città, Genova, che colpiscono come schiaffi di realtà. Dai primi piani dei travestiti ghettizzati nei carrugi (“ho capito che non esistono gli uomini o le donne: esistono gli esseri umani”), alle istantanee di Ezra Pound in vestaglia sulla soglia dell’abitazione (Umberto Eco: “Dicono più di quanto sia mai stato scritto su di lui”), agli scatti in sala parto all’ospedale Galliera, davanti alle gambe aperte della partoriente (“una nascita molto naturale”). L’umanità travestita o celata dai ruoli nelle sue foto si rivela.

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Questo svelamento, la bellezza della verità, appunto, è particolarmente riuscito nel progetto sulla comunità di travestiti di Genova. Con loro, con la Gitana, la Morena e le altre, la fotografa allacciò  un rapporto di amicizia e di fiducia, fatto di confronto sull’identità di genere, di chiacchiere, di gesti di solidarietà: “Li aiutavo, li fotografavo e, soprattutto, li capivo”. Nonostante lo scandalo che suscitarono al tempo e nonostante la condizione difficile di segregazione, le immagini sono in grado di trasmettere una certa naturalezza. “Posso dire di aver vissuto esperienze molto profonde con questa gente, perché in fondo erano persone per bene”.

Molti altri sono i servizi controcorrente realizzati dalla Carmi che inizia a fotografare dopo aver lasciato di  punto in bianco la carriera di concertista quando, volendo unirsi allo sciopero generale dei portuali contro il governo Tambroni nel 1960, il suo maestro le disse che non poteva andare in piazza perché se le avessero rotto una mano non avrebbe più potuto suonare: “Risposi che se le mie mani erano più importanti del resto dell’umanità, allora avrei smesso di suonare il pianoforte”.  Poco più che trentenne, è il primo fotografo, peraltro donna, che entra al porto di Genova per fare, su commissione della Società della Cultura, un reportage di denuncia sulle condizioni di lavoro dei camalli. In seguito documenta il lavoro all’Italsider, riprende i monumenti funebri ottocenteschi del cimitero di Staglieno come “erotismo e autoritarismo”.  Poi i viaggi, India, Israele, Pakistan, Nepal, Afghanistan, Sudamerica dove, sempre, la lente per comprendere un Paese è l’uomo, soprattutto nelle sue condizioni più difficili, che a volte si manifestano come le più libere (“i bambini più sfortunati ridono molto di più dei bambini ricchi”).

Fotogallery di Ums (clicca sulle immagini per ingrandirle)

pianoforte allestimento mostra Carmi
Allestimento mostra Carmi
Mostra Carmi

Quasi a margine, con grande eleganza, c’è poi la cultura del tempo, dei grandi protagonisti, molti dei quali amici, i ritratti di Claudio Abbado e di Luigi Nono, le foto di scena al Teatro Duse. Infine quello statuario Ezra Pound in 12 scatti, in tutta la sua vecchiaia e la sua grandezza. Claudio Magris, nel suo recente articolo sul poeta, aveva certamente in mente queste immagini: “Uno sguardo perduto in se stesso e in chissà quali lontananze, capelli bianchi da profeta o da pastore errante, (…) il suo volto di Edipo cieco e veggente, perseguitato dal fato”.

Una galleria di bellezza e di verità, dunque, senza pregiudizi: “La mia grande ricchezza – dice Carmi – è stata di amare quello che fanno gli esseri umani”.

“La bellezza della verità” è aperta fino al 3 marzo 2019 ed è promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza  Capitolina ai beni culturali. Organizzazione Galleria Martini & Ronchetti con Zètema Progetto Cultura.

Fotoservizio della mostra © Ums

Fotografie Lisetta Carmi © Lisetta Carmi, courtesy Martini & Ronchet

Tags: CulturafotofotografiaLisetta Carmimostra
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