Chi fu Emily Dickinson è quesito al quale tutti sappiamo rispondere. Chi non ha mai letto, anche solo distrattamente, anche solo girovagando in internet tra quote e statement, una sua poesia? Una di quelle più famose che negli anni dell’azzurra dittatura socializzante si è spesso vista scorrere sui muri virtuali è quella che da sola sembra un monito contemporaneo allo svuotamento di senso nell’esprimere opinioni, peraltro transitorie: A word is dead when it is said, some say. I say it just begins to live that day (Una parola muore quando è detta Dice qualcuno −Io dico che proprio Quel giorno Comincia a vivere.)
Al di là delle riflessioni cui obbliga l’evidenza di pochi versi, questo dire fu profetico per lo stesso destino che toccò all’opera tutta di Dickinson, da tempo riconosciuta come una delle più grandi poetesse statunitensi, vissuta nel 19° secolo, i suoi versi furono scoperti ed amati solo dopo la sua morte. La storia della celebre poetessa statunitense arriva nelle sale italiane con A Quiet Passion di Terence Davies.
Il regista inglese ha voluto così rendere omaggio alla semplicità struggente delle liriche di una donna che ha vissuto, per scelta e per gran parte della sua vita, tra le mura della casa paterna. La casa ed il giardino di Amherst non furono un luogo di ritiro incantato, ma un punto di osservazione critico dal quale Dickinson rivendicò sempre la libertà e l’indipendenza della propria anima rispetto a temi che ancora oggi sono cogenti: la condizione della donna, la sua posizione nelle società impastate di patriarcalismi e religioni asfissianti più per volontà degli uomini che per volere degli dei.
La narrazione di un personaggio così difficilmente spendibile cinematograficamente è un capolavoro di ricostruzioni cromatiche degli ambienti e dei costumi, di preziosismi fotografici che concorrono a prendere per mano lo spettatore per metterlo nella scena e fargli dono della Dickinson attraverso una gentile, a volte struggente declamazione: un racconto in soggettiva attraverso i versi che rivelano le impressioni sull’anima di una donna affatto insensibile agli eventi ed ai mutamenti del mondo.
I dialoghi genuinamente colti, ironici, sarcastici, irriverenti e divertenti sono il gioiello che completano un’opera che merita di essere vista ed accolta da un pubblico vasto. Jennifer Ehle (Vinnie Dickinson) e Keith Carradine (Mr Dickinson) affiancano Cynthia Nixon impersonare la Emily adulta e la sua bellezza drammatica con un realismo emozionante.
Anche al pubblico italiano, dunque, a due anni dalla sua uscita si lascia finalmente in dote uno scrigno da riempire con quel che si vuole, auspicando sia ancora poesia.