Steven Soderbergh non si stanca mai di reinventarsi. Tra i più poliedrici e versatili registi della sua generazione, realizza film dalla fine degli anni ’80. All’età di soli 26 anni .ha vinto la Palma d’oro a Cannes, per la sua prima opera da regista “Sex, Lies and Video”. Alla Berlinale 2018 si è presentato in concorso con “Unsane”.
Claire Foy star di The Crown è una giovane donna, vittima di uno stalker, che decide di lasciare la sua Boston e tentare di rifarsi una vita in un’altra città. Quando però, cercando conforto da una terapista, viene costretta alla permanenza forzata in un istituto psichiatrico, dovrà confrontarsi con la sua più grande paura… È reale o frutto della sua mente?
Unsane è un thriller psicologico ad alta tensione, low budget e girato interamente in sole due settimane con I-Phone. “Smartphone e tablet sono il futuro – ha affermato Soderbergh in conferenza stampa – e sono anche mezzi per consumare video. Per il regista americano vedere le immagini del telefonino su un grande schermo dovrebbe creare nello spettatore un senso di deja vu inquietante Alcuni mesi fa, Soderbergh ha presentato l’app “Mosaic”, una sorta di film interattivo con Sharon Stone che si evolve a seconda delle scelte dello spettatore. Prima di Unsane, almeno altri due film sono stati girati con degli iPhone. Ci riferiamo a “Tangerine” di Sean Baker e l’horror “Hooked Up” di Pablo Larcuen.
Foy offre una performance eccezionale come donna che si ritrova improvvisamente intrappolata ed esposta a una (presunta o vera) cospirazione. Uno scenario tutt’altro che nuovo come punto di partenza per un film ma per Soderbergh diventa un utile espediente narrativo per denunciare il sistema sanitario americano ormai alla mercé dello strapotere delle assicurazioni sanitarie. Il film mostra medici che hanno tutto l’interesse a sottoporre i propri pazienti a una marea di esami e terapie, anche superflui per ricevere i rimborsi dalle assicurazioni. Anche in “Effetti collaterali” presentato in concorso alla Berlinale cinque anni fa, il regista americano ha raccontato le ambiguità del sistema sanitario degli Stati Uniti.
“Girare con l’Iphone mi ha permesso di entrare nella prospettiva dei personaggi, tenendo la lente vicinissima al loro viso senza aspettare i tempi delle macchine da presa “. Negli ultimi cinque anni, Soderbergh, ha più volte annunciato di voler lasciare il cinema. “Ho capito che amo il mio lavoro, anche se le regole del cinema spesso mi frustrano. Per questo considero Unsane una delle esperienze più liberatorie che abbia mai avuto come regista perché sono tornato a fare film con uno spirito da adolescente”.
A parte questo, Unsane non è altro che una forma di narcisismo claustrofobico dell’estetica selfie. Una specie di rivisitazione parodistica degli stereotipi dell’horror psicologico per narrare la paranoia e mostrare alcune ragionevoli motivi per sentirsi paranoico