Madrid, notte di Capodanno, 2015. Ana e Óscar compiono trent’anni lo stesso giorno, si incontrano per caso, si baciano prima ancora di sapere chi hanno davanti. Lei vive alla giornata, con un lavoro che non la soddisfa e una vita che cambia continuamente. Lui è un medico, uno di quelli che sembra avere tutto sotto controllo, ma il passato gli pesa addosso più di quanto voglia ammettere. Due persone agli antipodi, ma per qualche motivo si trovano, si riconoscono. Forse si amano.
Così inizia “Dieci Capodanni“, la serie di Rodrigo Sorogoyen dal 31 gennaio, RaiPlay, che racconta l’amore nel tempo, senza romanticismi forzati né illusioni zuccherose. Dieci episodi, dieci notti di Capodanno, dieci istantanee di una relazione che cresce, si rompe, si ritrova, cambia forma. Ogni episodio è un pezzo del puzzle: a volte manca qualcosa, a volte il quadro è chiarissimo. Non c’è bisogno di spiegare, basta guardare. Un bacio dato troppo in fretta, una mano sfiorata, una porta che si chiude senza sbattere, ma che suona comunque come un addio.
Sorogoyen, regista candidato all’Oscar e vincitore di due Goya, costruisce una narrazione che non ha bisogno di grandi gesti per raccontare la profondità di un legame. Tutto è girato in ordine cronologico, perché i suoi attori, Iria del Río e Francesco Carril, possano attraversare davvero il tempo insieme ai loro personaggi. E il tempo si sente: nei loro sguardi più maturi, nei sorrisi meno incoscienti, nella stanchezza che arriva, inevitabile.
Non è una storia d’amore, almeno non nel senso classico del termine. È la vita, con tutto ciò che comporta. “Dieci Capodanni“ parla di quello che resta e di quello che si perde, di chi si ama senza riuscire a stare insieme e di chi si separa senza smettere di appartenersi. Ogni Capodanno è un bivio, ogni scelta una possibilità, ogni istante un’illusione di eternità. Poi arriva l’anno nuovo. E tutto, di nuovo, cambia.