A Roma, la dodicesima edizione di CiakPolska ma portato in scena il meglio del cinema polacco contemporaneo e una selezione di grandi classici al Palazzo delle Esposizioni. Tra gli otto film restaurati presentati, provenienti dagli Studi cinematografici WDFiF di Varsavia, spicca Colori mimetici (1976) di Krzysztof Zanussi, una riflessione satirica e profonda sul tema del conformismo. In questa intervista esclusiva, Zanussi racconta il significato della sua opera, riflette sul materialismo, il ruolo del cinema e i dilemmi della società odierna.
CiakPolska quest’anno propone il suo film del 1976 Colori mimetici, considerato un pilastro del cinema polacco. Cosa significa per lei questa opera oggi?
Krzysztof Zanussi: Colori mimetici è stato un film importante, non solo per me ma per il cinema polacco in generale. Insieme a L’uomo di marmo di Andrzej Wajda, ha dato avvio a una linea cinematografica che esplora l’inquietudine morale. Il tema del conformismo è centrale, e ancora oggi credo che abbia una forte risonanza. È una riflessione che non perde mai la sua attualità.
Ha menzionato che in Polonia, durante il comunismo, la censura era particolare, quasi documentata. Com’era lavorare in quel contesto?
KZ: Sì, la censura in Polonia era diversa rispetto ad altri paesi dell’Europa dell’Est. Ogni decisione aveva un nome, un numero di telefono, delle persone coinvolte. Questo creava una sorta di trasparenza, anche se paradossale, che in altri contesti mancava del tutto. Tuttavia, era comunque un ambiente soffocante. I censori stessi erano spesso figli di quell’epoca, cinici e disillusi. In un certo senso, questa documentazione ci offriva una difesa, ma rimaneva una lotta continua per far passare certi messaggi.
Di recente, al Torino Film Festival, ha presentato il suo ultimo film, Perfect Number, che esplora il rapporto tra materialismo e felicità. Crede che oggi sia possibile una liberazione dal materialismo?
KZ: È un tema complesso. Sento che stiamo raggiungendo un punto di saturazione. L’attrattiva del materiale sta diminuendo, e la gente comincia a cercare altro, qualcosa di più profondo. È un cambiamento lento ma inevitabile. In passato, il capitalismo ha sostituito l’idea di salvezza spirituale con quella di ricchezza materiale. Ora sembra che anche questa fase stia finendo. Forse stiamo iniziando a capire che la felicità risiede altrove, in spazi più vicini alla nostra natura.
Lei è spesso definito “il regista dell’inquietudine morale”. Si riconosce in questa definizione?
KZ: Mi riconosco, sì. Ciò che mi inquieta maggiormente è il pensiero che la nostra civiltà possa essere in declino. Abbiamo visto cicli di decadenza seguiti da rinascite nella storia, ma temo che questa volta possa essere diverso. In Europa, la libertà è fragile, e potremmo essere facilmente sopraffatti da altre culture, come quella cinese, che ha una forza espansiva enorme. È una preoccupazione che mi accompagna quotidianamente.
Nei suoi film il tema del contrasto tra fede e scienza è ricorrente. Trova coerenza tra i suoi lavori passati e quelli attuali?
KZ: Assolutamente. C’è sempre stato un equilibrio tra fede e scienza nel mio lavoro. La fede che esploro non è mai cieca, ma consapevole, luminosa. Come diceva Einstein, accettare l’esistenza del mistero è segno di saggezza. È un atteggiamento umile che ci ricorda i nostri limiti e ci invita a riconoscere che non possiamo comprendere tutto in questa vita.
Come ha influenzato il suo lavoro l’esperienza della povertà materiale vissuta in passato?
KZ: È stata un’esperienza formativa. Non eravamo affamati, ma vivevamo con limitazioni. La cultura era la nostra difesa. In quel contesto, mi sono sentito obbligato ad ammirare la musica seria, come un segno di appartenenza a una certa classe intellettuale. Questa sensazione di dovere culturale mi ha plasmato profondamente.
Guardando alla situazione attuale della Polonia, cosa pensa del futuro del paese?
KZ: Sono preoccupato. Le ultime elezioni hanno portato una ventata di normalità, ma non possiamo abbassare la guardia. La Polonia ha un grande potenziale, con figure di valore e coraggio, ma queste fasi non durano per sempre. Bisogna essere vigili, sempre. La nostra storia ci insegna che la libertà va difesa con grande determinazione.