Viggo Mortensen è un artista che ha sempre saputo andare oltre le convenzioni e le aspettative, e con The Dead Don’t Hurt confeziona un western che sovverte i canoni del genere, portando in primo piano l’intimità e l’umanità dei suoi protagonisti, piuttosto che l’azione e la violenza che spesso caratterizzano i film ambientati nel selvaggio West.
Mortensen stesso ha raccontato che l’ispirazione per il film è venuta dal ricordo di sua madre e della sua forza interiore. Il riferimento ai romanzi illustrati medievali che lei amava leggere da giovane suggerisce un legame con mondi immaginari e avventurosi, e la sua resilienza emerge come una qualità centrale anche per il personaggio di Vivienne, interpretato da una straordinaria Vicky Krieps.
Non c’è traccia di machismo, né di eroi che si impongono con la forza. Anzi, è proprio la delicatezza dei sentimenti a essere al centro della storia. La relazione tra Holger, l’immigrato danese interpretato da Mortensen, e Vivienne è il cuore pulsante del film, un amore quotidiano, lontano dagli stereotipi romantici o epici. L’assenza di dialoghi superflui in momenti cruciali — come quando i due protagonisti siedono su una collina al tramonto, immersi in un silenzio eloquente — è una scelta che conferma la volontà del regista di allontanarsi dai clichè del genere
Vivienne non è una vittima passiva, né una semplice compagna. Mortensen la presenta come una donna forte, che combatte non con le armi ma con la sua volontà, rifiutando di essere dominata dagli uomini potenti che la circondano. È una figura di resistenza, e la performance di Krieps è centrale nel dare al film una qualità quasi meditativa.
Il West, in The Dead Don’t Hurt, è un luogo di sofferenza, ma anche di crescita e trasformazione. La brutalità che caratterizza il paesaggio non è mai esaltata; è una minaccia costante, ma non l’elemento dominante. Mortensen usa la violenza come un contesto, piuttosto che come un fine, e ciò che emerge dalla narrazione è il desiderio, la perdita e la lotta per la sopravvivenza emotiva dei protagonisti.
Con The Dead Don’t Hurt. il regista si conferma un narratore sensibile e audace, capace di mescolare il personale con il politico, il quotidiano con il mitico. Ma soprattutto il è una lettera d’amore alle donne come Vivienne e come la madre di Mortensen, che trovano la loro forza in un mondo che spesso cerca di schiacciarle.